
Mimmo Ferraro
000 Annabella Rossi, Montesano del Salento 1965 (Puglia 5, 18BD487)
Le rilevazioni sonore realizzate nel 1965 da Annabella Rossi (contestualmente alle riprese di Luigi Di Gianni per Il male di San Donato) a Montesano del Salento in occasione della festa del santo patrono che, il 6 e il 7 agosto, richiamava un gran numero di devoti alla ricerca della “grazia” capace di liberarli dei mali che li affliggevano, per lo più epilessia ma anche vari disturbi nervosi, stati di ansia e manifestazioni psicopatologiche. Si tratta, scriverà la stessa Rossi ne Le feste dei poveri, di “individui, per lo più donne, che accorrono all’appuntamento magico per implorare la grazia. La grazia non definitiva ma ciclica, analoga a quella che si chiede a san Paolo per il tarantismo, ha la durata di un anno, per cui, trascorso il periodo di validità, il malato si trova di nuovo nella condizione di dover ricorrere al santo”. Convulsioni, amnesia, offuscamento della ragione, istantanee perdite di movimento talvolta associate ad allucinazioni e visioni del santo colpivano i malati, costretti ad affrontare un doloroso pellegrinaggio che aveva come destinazione la cappella del santo, posta all’estrema periferia del paese.
A differenza del tarantismo, il rito non prevede un ruolo particolare alla musica per cui il paesaggio sonoro, restituito dalle registrazioni, è simile a quella di tante feste di paese dove le grida degli ambulanti si mescolano ai suoni della banda municipale, sovrastati però dallo svolgersi di questo straniante rito che, anche per il parroco intervistato da Annabella Rossi, non può intendersi in termini puramente clinici trattandosi piuttosto di un “un isterismo collettivo” che coinvolge un gran numero di “invasati, invasati dalla miseria e dall’ignoranza”.
Annabella Rossi pone in risalto anche la “carica sessuale presente nei partecipanti al pellegrinaggio”: “San Donato piace moltissimo alle donne le quali, nel corso delle due giornate festive, lo abbracciano, lo baciano, si arrampicano sulla base del simulacro”. Da qui, forse, anche lo scatenarsi di dinamiche di gelosia tra le devote per cui una giovane contadina di 25 anni ottiene il privilegio di una visita privata il pomeriggio del 7, quando la porta della parrocchia era ormai sprangata: “la donna, che da anni si reca a Montesano, non può partecipare al culto collettivo nella cappella; il suo attaccamento al santo e la gelosia che nutre per le altre fedeli sono tali che spesso, in passato, ha provocato vere e proprie risse. (…) Quando mi vede entrare si rivolge sorridente verso di me e, gemendo, mi addita la statua. Poi mugola verso il santo, gli lancia baci, traccia a terra dei circoli e si irrigidisce, atteggiando le proprie mani nel gesto benedicente della statua. Solo dopo un’ora, convita a fatica dalla madre e dal fratello si allontana piangente”.
000 Ritratti dal Salento
Realizzati per Rai3 e prodotti da Diamante Duemila, sei cortometraggi di Piero Cannizzaro -tratti dalle Teche Rai- che raccontano, da prospettive diverse, il Salento, rivisitato secondo elementi fondamentali della sua storia e del suo paesaggio con un uso insistito, ma felicemente riuscito, della musica popolare che sostiene l’intrecciarsi, sul filo della memoria e di un’ispirazione poetica, di immagini e dialoghi. “Ho imparato a conoscere la storia di questa terra meravigliosa” ha dichiarato lo stesso cineasta lombardo “guardandola con gli occhi dello straniero da sempre innamorato del Sud che indaga, esplora e spesso riesce a cogliere ciò che agli altri sfugge perché abituati a dare certe cose per scontate”. E dopo La notte della taranta e dintorni e Ritorno a Kurumuny, il filo rosso che lega questi racconti poetici in immagini è la contaminazione musicale e ciò che si nasconde dietro un’isola danzante.
Per continuità tematica oltre che per omogeneità di impostazione, ai sei episodi di Ritratti del Salento si aggiungono “Salento terra di confine” e “Salento terra di pietra e di tarante”, andati in onda nel 2002 all’interno di “Geo & Geo”.
000 Edoardo Winspeare
Nato in Austria, a Klagenfurt nel 1965, Winspeare è esponente di una nobile famiglia di origini inglesi, trasferitasi secoli addietro nei feudi di Depressa, minuscolo paese del Capo di Leuca: coerentemente al suo essere “un miscuglio di nazionalità”, ha seguito un percorso di formazione cosmopolita studiando Lettere a Firenze, fotografia a New York e montaggio, regia, tecnica della ripresa e del suono a Monaco di Baviera.
Rimasto molto legato al Salento, la terra dove cercare le proprie radici, alla fine degli anni ’80 comincia a studiare la tradizione culturale salentina: del 1989 è il primo documentario, San Paolo e la tarantola, durante la cui preparazione ha modo di conoscere alcuni dei grandi esponenti della musica popolare, come in particolare Luigi Stifani di Nardò e gli Ucci, Aloisio e Bandello, di Cutrofiano.
Per il giovane regista la storia culturale del Salento non è però solo un fondamentale motivo di ispirazione per il proprio lavoro ma anche una risorsa, sulla quale far leva per recuperare la coscienza perduta di una propria identità culturale, e veicolo di promozione della propria terra.
A quegli anni risale l’incontro con quanti lo accompagneranno poi nella sua fortunata immersione nella storia del tarantismo: Giuseppe Mighali detto “Pino Zimba”, proveniente da una grande famiglia di musicisti tradizionali di Aradeo, Lamberto Probo di Tricase, Donatello Pisanello, polistumentista di Taviano che aveva a lungo militato in Radici, una delle formazioni storiche del folk-revival salentino, e Gigi Toma, cofondatore con Pisanello di un altro gruppo della riproposta salentinia, Alla Bua.
Del 1995 è Pizzicata, il lungometraggio d’esordio in una produzione che, a parte Il miracolo del 2003 ambientato a Taranto, rimane legata al Salento, centrale anche in Sangue vivo del 2000 e ancora presente in Galantuomini del 2008.
000 Salento
Il 6 e 7 agosto del 1965 Luigi Di Gianni è a Montesano del Salento per girare un documentario su un fenomeno per molti versi analogo al tarantismo. Il patrono del paese è San Donato, protettore degli epilettici e dei malati di mente che accorrevano da tutta la regione per essere liberati dal male. Una volta in chiesa si abbandonavano a crisi parossistiche che finivano con il contagiare buona parte dei presenti, se non tutto il paese come racconta lo stesso Di Gianni: "si trattava di manifestazioni estremamente impressionanti, con persone che, in stato di trance, si rotolano sul pavimento della chiesa, rischiando anche di farsi male. Una specie di isteria collettiva, quasi che la malattia si potesse esorcizzare con la rappresentazione del male, dove tutto era assolutamente autentico, quasi privo di aspetti rituali, come sottolineato anche dall'assenza delle musiche che servono invece a curare le tarantolate. Tutto poi si placa non appena il santo concede la grazia, cioè la liberazione dal male che dura un anno, fino alla nuova festa e alla nuova celebrazione. C'era anche una processione notturna con tanto di fuochi d'artificio, dove qualche devoto dava ancora qualche leggero segno di alterazione". Girato in diretta, "perché il sonoro ha un'importanza determinante in una devozione che si manifesta soprattutto attraverso invocazioni", in sede di montaggio Di Gianni ha fatto poi ricorso anche ad altro materiale, tratto in parte da registrazioni di Diego Carpitella. Altro motivo di interesse del documentario il suo essere contestuale alle registrazioni di Annabella Rossi realizzate negli stessi giorni, in contemporanea dunque, a Montesano del Salento.
000 Gargano
Nel 1965, seguendo un'indicazione di Ernesto De Martino, Luigi Di Gianni è in Puglia per girare un documentario che, pur concernendo i fermenti religiosi e le inquietudini spirituali che attraversavano tutto il Gargano, è incentrato sulla straordinaria vicenda di Donato Manduzio (1885-1948), un bracciante di San Nicandro Garganico che, ritornato invalido dalla Prima guerra mondiale, scopre di avere insospettate doti di guaritore e di cantastorie popolare. Sbarcando il lunario con recite pubbliche di opere, come I reali di Francia e Il conte di Montecristo, si dedica alla lettura e meditazione della Bibbia, dando vita a una comunità ebraica raccolta attorno al suo insegnamento, caratterizzato da una singolare mescolanza di ebraismo, tradizioni locali, magia e medicina naturale. Dopo alterne vicende, nel 1948 gli ebrei di San Nicandro sono riconosciuti ufficialmente dalle Comunità Ebraiche italiane. Dopo la morte di Manduzio, tra il 1948 e il 1950, in tre ondate, gli ebrei di San Nicandro emigrano in Israele, dove si concentrano soprattutto nella zona di Biria-Safed: con ogni probabilità è ai discendenti di queste comunità che sono da riferirsi alcune registrazioni di Leo Levi, segnate dalla contaminazione di motivi espressivi della tradizione ebraica con quella pugliese. "Unico caso in Europa di un profeta di campagna convertitosi senza mediazioni all'ebraismo", per Hobsbawm Manduzio rappresenta "una strana ma illuminante nota a pié di pagina della storia d'Europa nell'epoca del fascismo".
000 Carpino e San Nicandro Garganico 1987
Le registrazioni di Ettore De Carolis realizzate nel 1987 a Carpino e San Nicandro Garganico restituiscono una delle ultime testimonianze di alcuni informatori ed esecutori tra i più importanti e significativi per studiosi e appassionati.
La raccolta documenta alcune delle forme musicali utilizzate a Carpino nelle serenate e nel ballo della tarantella (mundanarë, viestesanë, rudianellë), e una serie di testi (sunettë), per la maggior parte di contenuto amoroso. Le rilevazioni di De Carolis catturano un momento storico di transizione della musica tradizionale carpinese, iniziato qualche anno prima e qui significativamente avanzato; i mutamenti di tecniche esecutive, timbri, linee melodiche e ritmiche, coinvolge anche le narrazioni e le rappresentazioni del sé degli informatori rispetto al passato e ai documenti storici precedenti. Se da un lato le linee di canto scendono di qualche tono, costrette probabilmente dall’avanzare dell’età degli esecutori e dall’abbassamento della voce, dall’altro lato le chitarre salgono di alcuni toni verso un diapason a 440 hz, orientate anche dai reiterati contatti con musicisti colti e studiosi.
Gli ultimi quattro brani documentano Francesco Solimando, barbiere musicista di San Nicandro Garganico, che offre un’interessante panoramica storica sul contatto tra mondo popolare e popolaresco nel Gargano della prima metà del Novecento.
La raccolta è arricchita da un corredo di rilevanti fotografie scattate durante la ricerca sul campo.
000 Appunti sulla musica folklorica
Nel 1988, qualche mese dopo aver terminato le sue rilevazioni sul Gargano, Ettore De Carolis presentava un programma radiofonico da lui stesso curato, Appunti sulla musica folclorica, andato in onda su Radio3 in due serie (1° serie 6 puntate, 2° 4 puntate). Con interviste e frammenti di registrazioni, proprie e di altri autori, il programma proponeva un percorso sonoro alla scoperta delle musiche tradizionali di varie regioni del Sud. In questa raccolta, che comprende solo le trasmissioni relative al Gargano, sono presenti anche brani registrati da Diego Carpitella, Ernesto De Martino e Alan Lomax negli anni Cinquanta. Il viaggio tra i canti agropastorali del Gargano parte dalla presentazione degli strumenti e delle voci dell’area: la chitarra battente in primis, strumento centrale nella tradizione locale, le tecniche e le modalità esecutive, che a parere degli autori sono molto vicine alla tecnica esecutiva del rasgueado gitano andaluso; e le peculiarità del canto garganico, influenzato secondo gli autori dalla tradizione andalusa del cante hondo durante la dominazione spagnola. La successiva introduzione della chitarra francese nei repertori tradizionali crea un contatto con la musica colta, permettendo lo sviluppo di una serie di innovazioni nello stile arcaico. Inoltre, viene ricordata da Francesco Solimando di San Nicandro Garganico, la diffusione del plettro a pollice nella modalità esecutiva di alcuni pastori garganici.
Le trasmissioni includono una pregevole intervista a Diego Carpitella che presenta il “viaggio esplorativo” effettuato negli anni Cinquanta, e più in generale la ricerca etnomusicologica in Italia, tracciandone un quadro storico e alcune differenze con altre ricerche europee. Le riflessioni di Carpitella si spostano anche sul tema del mutamento antropologico verificatosi nella civiltà contadina, e dell’inattuabilità di ripercorrere alcune regioni e ripetere determinate ricerche, per il mutamento della stessa fonosfera che rende unici molti documenti storici.
Un ampio spazio è riservato alla ricerca dello stesso De Carolis nel Gargano del 1987. Sono presenti frammenti delle registrazioni effettuate a Carpino e San Nicandro Garganico; alle voci dei presentatori si alternano quelle di Andrea Sacco, Francesco Solimando, Rocco Valente e Rocco Antonio Sacco. Si delinea, in tal modo, un gioco di testimonianze autorevoli e dirette, con rimandi ad approfondimenti storico musicologici, che rendono il messaggio divulgativo di notevole pregio. Le essenziali nozioni musicali intercalate da De Carolis si intrecciano con le esecuzioni e i pensieri degli informatori, per poi allargarsi in più ampie e ambiziose teorie storico musicologiche che l’autore propone, come nel caso del paragone con la musica gitano andalusa e le similitudini suggerite con il cante hondo.
Chiude la sequenza una breve intervista a Eugenio Bennato che descrive il proprio percorso di ricerca e riproposizione, esprimendo le sue impressioni sulle influenze musicali e le sperimentazioni contemporanee in rapporto al significato storico dell’esperienza della musica del Gargano.
000 Volturino
Dell’originaria area d’elezione degli sciamboli nella provincia di Foggia, Volturino costituiva il centro più rilevante, al punto che, anche nei paesi limitrofi, i canti all’altalena venivano indicati come “canti di Volturino”. Non a caso, dunque, nel paese si è meglio conservata la memoria di una peculiare forma dell’espressività popolare sulla quale, più di recente, ha insistito anche l’azione di alcuni studiosi locali che molto si sono adoperati per una loro ripresa in chiave identitaria. Da qui le due modalità di esecuzione, emerse nel corso della ricerca, con una differenza, per così dire, generazionale: mentre i più anziani ricordano i canti nelle antiche modalità d’intonazione di origine medioevale, i più giovani, sensibili ad una loro ripresa, riescono ad eseguirli solo nelle moderne tonalità maggiori e minori. L’unicità di questa raccolta consiste proprio nella testimonianza delle voci anziane, gli unici e gli ultimi a riuscire ad eseguire la più antica intonazione, ormai scomparsa nella formazione e nel vissuto musicale delle più recenti generazioni . La raccolta comprende rilevazioni sonore, audiovisive e fotografiche raccolte nei primi due anni della ricerca (2006-2007).
000 San Nicandro Garganico
L’unica testimonianza raccolta da un anziano informatore a San Nicandro Garganico sui canti all’altalena, detti ndrandl (dal movimento dell’altalena), sembrano confermare le più antiche registrazioni effettuate da Carpitella e Lomax nel 1954, e quella successiva del 1966 di De Cristofaro. Anche in quest’area del Gargano i canti venivano eseguiti in modalità antifonale da due persone che prendevano posto sull’asse dell’altalena, maschio e femmina o dello stesso sesso, secondo il contenuto dei testi che poteva essere a dispetto o d’amore.
I canti inseriti in questa raccolta presentano un’esecuzione a due voci alterne maschili, in cui la voce più giovane sembra apprendere dalla prima voce più anziana; ciò è dovuto a fattori contingenti alla ricerca sul campo, in cui non è sempre possibile trovare due informatori che dopo decenni ancora ricordano questo antico repertorio. Come negli nzammarùchele di Biccari, anche negli ndrandl di San Nicandro le due voci, che si alternano con una intonazione modale ricca di abbellimenti, ripetono gli stessi versi ma con la particolarità di iniziare ogni strofa con una formula nonsense O re, di cui nemmeno gli informatori sembrano conoscere il significato.