
Mimmo Ferraro
000 Pietramontecorvino
La ricerca sul campo svolta nel Sub-Appennino Dauno testimonia come gli sciamboli (canti all’altalena) abbiano avuto una diffusione sul territorio abbastanza allargata per cui, partendo dall’epicentro di Volturino, si siano diffusi anche nei paesi limitrofi. E’ il caso di Pietramontecorvino dove le testimonianze raccolte documentano un repertorio molto simile a Volturino, eseguito in maniera antifonale da due persone delle quali una intonava il verso e l’altra rispondeva con una specie di ritornello nonsense Te-ma na-ne. Tuttavia non è stato possibile documentare tale pratica poiché durante le registrazioni canta una sola voce femminile.
Le fonti orali raccolte testimoniano contesti e occasioni calendariali simili agli altri paesi, un repertorio di festa molto diffuso vari decenni fa ed eseguito soprattutto nei mesi invernali, a partire dai primi giorni di gennaio sino a tutto febbraio, mesi in cui le famiglie erano solite macellare il maiale ma soprattutto periodo nel quale esplode il carnevale. Come emerge dalla ricerca, spesso questi canti, di argomento a volte licenzioso e di dispetto, altre volte di corteggiamento, venivanoassociati all’uccisione del maiale. Infatti il gancio a cui si appendeva il maiale costituiva poi, una volta asciugato l’animale, uno dei preferiti perni a cui legare le funi dell’altalena.
000 Motta Montecorvino
Le testimonianze raccolte a Motta sui canti all’altalena rivelano un tipo di canto simile a quello di Biccari, in cui la seconda voce ripete il verso della prima: le registrazioni sono però basate sulla memoria orale di un solo informatore che canta eseguendo i versi da solo. Il cantore/informatore durante l’intervista racconta che questi canti venivano eseguiti in occasione festiva, soprattutto nel periodo del carnevale. Costruita l’altalena, la si agganciava sull’uscio della porta d’ingresso di un'abitazione in modo che il dondolio avvenisse fuori e dentro l’uscio di casa. Gli esecutori, preferibilmente di sesso diverso, sedendosi spalla contro spalla, si dondolavano cantando a voce alterna testi d’amore o di sdegno. I canti all’altalena di Motta rivelano gli stessi contesti, contenuti testuali e occasioni calendariali, degli sciamboli e nzamarùchele dei paesi vicini, segnale questo di una formalizzazione del testo e della musica socialmente condivisa. Alcune differenze riguardano soltanto la formula musicale finale cadenzale, fenomeno del tutto normale, che rivela la stretta sinergia che viene a crearsi tra musica, azione e parola.
000 Biccari
I canti all’altalena di Biccari, detti nzammarùchele, rappresentano, per contesto originario di esecuzione e di funzione (canti di corteggiamento eseguiti durante il carnevale), gli equivalenti degli sciamboli di Volturino. L’unica diversità di esecuzione riguarda il ritornello in cui la seconda voce, invece di intonare una formula nonsense (Te mmàna-né), ripete ogni verso, intonandolo subito dopo la prima voce.
Un’altra particolarità della raccolta, emersa durante la ricerca, consiste nella maggiore durata nel tempo di questa tradizione, conseguenza dell’uso di tali canti anche in contesti “modernizzati”, legati alle varie festività. Gli nzammarùchele sono così “sopravvissuti” più a lungo nella memoria del paese perché, per qualche tempo, sono stati rifunzionalizzati e utilizzati più come elemento ludico che dichiarativo. Un'evidente conferma di questo fenomeno risiede nei testi dei canti, quasi del tutto italianizzati, nei quali l’espressione dei sentimenti usa un contenuto manieristico.
000 Giovanna Marini
Il fondo Giovanna Marini conserva i materiali raccolti dalla ricercatrice e interprete dall'inizio degli anni Settanta, prevalentemente nell'Italia meridionale, sia come documentazione dell'attività di ricerca dei repertori tradizionali sia come produzione di strumenti di studio ai fini dell'attivita didattica e compositiva.
Le registrazioni relative al territorio pugliese possono essere suddivise temporalmente tra quelle realizzate tra il 1971 e il 1973, durante alcuni soggiorni estivi, e i documenti sonori raccolti nel corso di viaggi didattici con studenti francesi e italiani, negli anni Ottanta e Novanta, in collaborazione, anche nell'attività di registrazione, con Alain Desjacques.
Al primo periodo (una dettagliata ricostruzione di queste esperienze e dei rapporti di collaborazione sottesi è rintracciabile nell'apparato critico a cura di Vincenzo Santoro a corredo del CD Il Salento di Giovanna Marini, Edizioni Aramirè) sono riconducibili l'incontro e le registrazioni effettuate con le sorelle Chiriacò e con Stella De Santis di Sternatia (LE), tra le più importanti voci della tradizione locale con un repertorio di canti monostrofici, canti narrativi e questue, sia in dialetto salentino che in grico. Oltre a questo importante nucleo di documenti, nello stesso contesto di ricerca, sono presenti registrazioni rilevate a San Donato di Lecce (LE), Melissano (LE), Melendugno (LE), Ostuni (LE), Otranto (LE) e un altro cospicuo nucleo di materiali che documentano il canto d'osteria ad esecuzione polifonica registrato a Conversano (BA).
Il secondo gruppo di registrazioni è invece realizzato nel corso di alcuni viaggi di studio con studenti parigini e romani tra le provincie di Lecce e Foggia (Ischitella). Qui vengono documentati gli incontri con alcune delle figure più significative della tradizionale ricerca etnomusicologica in quelle aree nonchè alcune nascenti esperienze di riproposta e folk revival. Tra questi documenti appare importante segnalare la lunga intervista, alternata a momenti performativi, con il Maestro Luigi Stifani di Nardò sul fenomeno del tarantismo e le registrazioni con le cantrici di Ischitella del repertorio canoro legato all'apparato rituale della Settimana Santa.
000 Zollino
Anni Settanta. In una serata di novembre eravamo in cerca di un posto a buon prezzo per cenare. Entriamo in una putea di vino e troviamo una compagnia di soli uomini che cantano e bevono. Siamo a Zollino, nella putea Ciccio de l’Angiolino, in una stradina vicino al monumento dei Caduti. Non faccio domande e registro. Questo non disturba, anzi i cantori fanno a gara a chi più si avvicina al microfono. Molte registrazioni risulteranno distorte.
Registrare nelle putee significava non tenere conto di nessuna regola di archiviazione, posto che allora le conoscessi (una vaga conoscenza, molto autodidatta, avverrà nella seconda metà degli anni Settanta). Stare lì, ed essere accettato, significava bere e cantare con loro e passare insieme la serata.
Il repertorio di questi uomini spazia dai canti narrativi a quelli dei trainieri e ninne nanne. Alcuni di questi canti sono in lingua grika.
000 Torrepaduli 1982
La notte fra il 15 e il 16 agosto a Torrepaduli, frazione di Ruffano, in occasione dei festeggiamenti dedicati a San Rocco, si radunavano numerosissimi tamburellisti. Dopo la processione si formano(vano) numerose ronde (cerchi) nelle vicinanze del santuario. In questo spazio, una volta sterrato, i danzatori di scherma col coltello si sfidavano in un duello danzante sul ritmo della pizzica-pizzica. Di tanto in tanto, sia i suonatori che i danzatori, si spostavano da una ronda all’altra per misurarsi nella danza della scherma. Fino all’alba. Poi si recavano alla fiera del bestiame.
Un duello che nel corso del tempo ha assunto le caratteristiche di uno scontro teatrale e ludico, ma che un tempo rappresentava un vero e proprio modello di affiliazione mafiosa.
Oggi Torrepaduli resta un grandioso esempio di sintesi di musicalità legato al territorio, in cui ognuno esprime la propria voglia di rappresentazione e di appartenenza.
000 Niceta Petrachi
Detta “Simpatichina” per il suo carattere estroverso e ironico. Grande interprete della tradizione, con capacità vocali vastissime, Teta esprime sia la tradizione del canto orale della campagna che quella della città, ponendosi come anello fra i due modi (muedi) espressivi. Teta l’ho conosciuta nei primi anni Settanta a Lecce, su indicazione di Rina Durante, studiosa e intellettuale che aveva una particolare attenzione alla cultura del territorio. Il rapporto con Teta è stato sin da subito creativo e molto affettivo.
000 Martano. Rocco Gaetani
Cantore genuino e fine conoscitore della tradizione. L’incontro con questo cantore, e con altri, è avvenuto nella sua casa di campagna alla periferia di Martano, tramite l’insegnante Antonio Giammarruco di Calimera, agli inizi degli anni Settanta. Nel suo repertorio canti d’amore, dei carrettieri e qualche pizzica pizzica. Sorprende del suo cantare la modalità di emissione della voce: un singolare uso di lunghe pause.
000 Martano. La passione
La Passione di Martano è composta da sessantaquattro quartine in lingua grica. Durante la settimana delle Palme la compagnia composta da due cantori (Salvatore Russo, Stomeo Pantaleo) e un fisarmonicista (De Santis Raffaele) andava di paese in paese e nei crocevia delle strade a cantare la morte e resurrezione di Cristo. Portavano con loro un ramo d’ulivo addobbato di nastrini rossi e figurine di santini. Alla fine dell’esecuzione chiedevano una ricompensa: uova, formaggio, vino e qualche soldo. Si racconta che a Martano ci fosse una scuola dove si insegnava la Passione, che era anche “mimata”. I cantori, infatti, erano in possesso di una straordinaria tecnica gestuale che accompagnava il canto e permetteva, anche a chi non conosceva la lingua grica, di capire e seguire il canto.
000 Martano. Cosimino Chiriatti e i suoi amici
Cosimino e i suoi amici sono abituali frequentatori di Kurumuny, località agricola nei pressi di Martano, dove in tempi non molto antichi viveva un'umanità varia che possedeva tutti i codici della cultura orale di Martano: prefiche, suonatrici di tamburello, cantori, e così via. In questo luogo oggi rivive una nuova umanità, in cui si sono riallacciati i rapporti con i vecchi legami integrandoli: le nuove generazioni incontrano chi della cultura del territorio è depositario fino al punto di poter essere un bene dell’umanità. Cosimino e i suoi amici si incontrano qui, organizzano feste, e cantano. Le registrazioni di questa raccolta ne sono un esempio: il cantare come mezzo di comunicazione e di integrazione quotidiana, e di rivisitazione ludica della propria memoria.