Le testimonianze raccolte a Motta sui canti all’altalena rivelano un tipo di canto simile a quello di Biccari, in cui la seconda voce ripete il verso della prima: le registrazioni sono però basate sulla memoria orale di un solo informatore che canta eseguendo i versi da solo. Il cantore/informatore durante l’intervista racconta che questi canti venivano eseguiti in occasione festiva, soprattutto nel periodo del carnevale. Costruita l’altalena, la si agganciava sull’uscio della porta d’ingresso di un'abitazione in modo che il dondolio avvenisse fuori e dentro l’uscio di casa. Gli esecutori, preferibilmente di sesso diverso, sedendosi spalla contro spalla, si dondolavano cantando a voce alterna testi d’amore o di sdegno. I canti all’altalena di Motta rivelano gli stessi contesti, contenuti testuali e occasioni calendariali, degli sciamboli e nzamarùchele dei paesi vicini, segnale questo di una formalizzazione del testo e della musica socialmente condivisa. Alcune differenze riguardano soltanto la formula musicale finale cadenzale, fenomeno del tutto normale, che rivela la stretta sinergia che viene a crearsi tra musica, azione e parola.
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