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Archivio Sonoro

Carnuvà pecchè si' muorto (6)

Musica popolare del salernitano, vol.2

Il secondo progetto del Teatrogruppo, registrato da nove componenti della più ampia formazione a Rozzano nell'ottobre 1976, dedica ampio spazio ai canti del Cilento eseguiti su chitarra battente: 
qui, infatti, "come in poche altre zone del meridione, sono presenti alcuni suonatori di chitarra battente, che rappresentano gli ultimi depositari di una cultura musicale di notevole diffusione in passato, soprattutto fra i contadini, e che tuttora è alla base di buona parte dei modi musicali dell'area cilentana.
La chitarra battente è di dimensioni più piccole rispetto alla chitarra, chiamata dagli informatori, per distinguerla, 'francese'. ll piano della cassa, realizzata in legno di ciliegio, ha un contorno più stretto e allungato e il dorso è costruito, analogamente alla struttura del mandolino, a fasce longitudinali parallele, sagomate in modo da dargli una caratteristica forma bombata, definita 'a bauletto'. All'interno della rosa è montata una decorazione cilindrica in cartone o in pergamena, dipinta con colori forti (rosso e blu), al cui centro è sistemato mediante uno stecco di legno un fiore, sempre in cartone o materiale simile. La comunicazione con l'interno della cassa avviene tramite delle aperture ricavate sulla superficie laterale del cilindro con l'effetto acustico complessivo di un prolungamento e una miscelazione dei suoni prodotti dalle corde. Il motivo decorativo è ripreso sulla cassa alla giunzione del manico e fra ponticello e cordiera. Un piccolo foro praticato sul fianco della cassa permette ai suonatori di 'sentire' gli accordi al fine di intonare la voce. l piroli, in legno, permettono di montare fino a otto corde che vengono accordate a due a due, come nel mandolino, secondo la successione mi, la, fa diesis, si della stessa ottava. Le corde usate, in metallo, sono tutte uguali (il mi cantino della chitarra normale), il che contribuisce insieme con la particolare accordatura a toni ravvicinati al caratteristico suono ovattato, non distinto sotto l'aspetto tonale. Nonostante la presenza di nove o dieci tasti vengono ultilizzate dai suonatori principalmente due posizioni a capotasto corrispondenti sulla chitarra classica agli accordi di re maggiore e la maggiore. L'evoluzione dello strumento, causa la forte concorrenza della chitarra 'francese', ha portato a sostituire il dorso bombato della cassa (di difficile costruzione) con un fondo cassa piatto e a ridurre a sei il numero dei piroli per permettere l'uso anche come chitarra normale, con l'eliminazione delle doppie corde per l'uso 'battente'. Sulla chitarra battente vengono suonati pezzi strumentali e viene accompagnato il canto.
Nella esecuzione della 'cilentana' il modo di suonare si compone di due momenti fondamentali: l'accompagnamento delle voci e l'intermezzo fra le strofe del canto. L'accompagnamento delle voci è eseguito con strappi violenti e irregolari sulle corde, alla maniera zingaresca, che risolvono in ritmo binario sulla finale prolungata del canto alla fine di ogni verso. L'intermezzo, su ritmo veloce di terzine, utilizza una tecnica particolare di percussione delle corde, in levare, prima con il pollice e poi con il resto delle dita o con il solo indice. A Casigliano, una piccola frazione di Sessa Cilento, viene riconosciuta la tradizione dei migliori artigiani fabbricanti di chitarre battenti, che una volta costruite venivano vendute nelle fiere paesane, cosi come avviene ancora oggi con i tamburi nell'agro sarnese-nocerino. Con l'emigrazione in America venticinque anni fa di un artigiano liutaio di Casigliano e la morte nel 1975 di un altro fabbricante di Castellabate sono venuti meno gli ultimi produttori e fornitori al livello popolare di questo strumento. Di conseguenza molti non suonano più perchè non hanno l'opportunità di sostituire la chitarra battente fuori uso o ceduta ad altri. La pratica ancora presente e soprattutto la memoria culturale ancora viva, nonchè l'importanza sotto il duplice aspetto artigianale e etnomusicologico dello strumento dovrebbero stimolare un intervento organico di operatori culturali attivi sul territorio sia in direzione della ripresa della fabbricazione artigianale, sia in direzione di un'incentivazione dell'uso".
Seguono aggregazioni di canti sull'organetto, canti dell'Agro (un lamento rituale per la morte di Carnevale e un canto sulla tammorra), canti di accumulo e tarantelle.

dal libretto allegato al disco delle edizioni Albatros VPA8373, 1977
Prodotto da: Roberto Leydi 
Note, trascrizione dei testi, traduzioni: Teatrogruppo

  • Genere Audio

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  • Descrizione

    Aggregazione di canti del Cilento: Occhi niurelli, serenata raccolta a Colliano nel dicembre 1975 presso un anziano contadino, che si accompagnava con una chitarra adattata alla maniera "battente"; caratteristica del canto è il sospiro ("ah") spesso presente fra verso e verso, che accentua il tono struggente del testo. Stamattina mi sono alzata, canto narrativo raccolto a Colliano nel dicembre 1975; si tratta di una variante, fra le tante, incompleta, del notissimo canto epico-lirico classificato come Fior di tomba(Nigra, 19); una particolarità notevole e insolita è data dal verso in cui si canta della "casetta", evidente modificazione della "cassa" (da morto) delle lezioni originarie. Pastorale. frammento di melodia molto diffusa tra gli zampognari, che la suonano come novena natalizia su ciaramella e zampogna. Nel salernitano gli zampognari, ancora numerosi (in una stima approssimativa, sono attive almeno cinquecento coppie), oltre alle musiche natalizie, eseguono un vasto repertorio - da ballo, da processione, di accompagnamento ai canti - appartenente a una tradizione musicale molto ricca e molto antica, particolarmente conservata in un'area che va dall'alta valle del Sele al Vallo di Diano (da Colliano a S. Gregorio Magno, Caggiano, Auletta, Polla, fino a Montesano). I' mme ne voglio ire int'avella, canto alla cilentana polivocale accompagnato dalla chitarra battente, secondo un uso frequente nel Cilento, raccolto a Castellabate nell'agosto 1975. La seconda voce interviene solo nella ripresa, con una ricca serie di decorazioni e spesso troncando l'emissione con una specie di breve singhiozzo o grido. Zumpariello, tarantella in uso in varie forme musicali soprattutto presso gli zampognari e nell'area cilentana. L'esecuzione del disco si ispira a un zumpariellosuonato su fischietto a Cannicchio nel settembre 1975 dallo stesso costruttore dello strumento (il fischietto è un flauto di canna molto corto, a tre fori digitali, con zeppa di salice, dal suono acuto e penetrante; forma una scala pentatonica, rivelatrice dell'arcaicità dello strumento, alla quale si aggiunge una nota supplementare, occludendo parzialmente, in posizione tutto chiuso, anche il foro terminale). Pizzitata, brano strumentale del genere tarantella raccolto a Castellabate nel novembre 1975 ed eseguito su chitarra battente e mandolino. L'esecuzione riunisce idealmente in un solo organico strumentale in accumulo una serie di strumenti diffusi nell'area cilentana, sui quali una volta la pizzitata veniva quasi certamente suonata.

    Data: 1976

  • Durata 23:15
  • Luogo Salerno
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore (Occhi niurelli) Andrea Bastolla: voce; Iole Musi: campanelli; Carlo Vassallo: chitarra battente. (Stamattina mi sono alzata) Adriana Ciaco: voce; Sebastiano Napoli: flauto traverso; Carlo Vassallo: chitarra battente; Gianfranco Rizzo: fisarmonica. (Pastorale) Sebastiano Napoli: ciaramella; Gianfranco Rizzo: fisarmonica (I'mme ne voglio ire) Carlo Vassallo: chitarra battente, voce; Andrea Bastolla: voce. (Zumpariello) Carlo Vassallo: tamburello; Sebastiano Napoli: fischietto di canna. (Pizzitata) Carlo Vassallo: mandolino, chitarra battente; Geppino Gentile: castagnette; Gianfranco Rizzo: fisarmonica; Sebastiano Napoli: flauto traverso; Iole Musi: campanelli; Gelsomino D'Ambrosio: tamburello
  • Autore Teatrogruppo di Salerno

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  • Descrizione

    Aggregazione di brani, in sequenza: Bella figliola, frammento di un canto d'amore alla cilentana, raccolto nella forma monodica e con accompagnamento di organetto a Cannicchio nel settembre 1975; l'apostrofe iniziale è un attacco tipico, comune a una fitta serie di canti. ll cantatore, secondo un uso generalizzato, adegua timbro e volume della voce al tono dello strumento con un'emissione lacerata, che si ricompone solo nelle note finali; l'intermezzo strumentale acquista perciò anche una funzione di recupero per lo sforzo vocale. Tarantella, ascoltata alla festa di S. Anna a Pellezzano nel giugno 1975, ha come particolarità le note staccate ("mozzicate" sulla tastiera dell'organetto) e la frase breve e ossessivamente ripetuta, è una delle musiche che più frequentemente accompagna un ballo con funzione di sfida osservato, oltre che a Pellezzano, a Baronissi e a Montoro, che comprende, fra le altre figure, il duello con i fazzoletti e con i bastoni, oramai sempre meno eseguito. I'comme t'aggi amato, sequenza di terzetti alla campagnese, raccolti in varie occasioni nel 1975 e nel 1976 a Campagna e a Eboli. La campagnese, conosciuta in un'area più ampia di quella d'origine, appartiene al vasto genere di stornello e/o strambotto, comunque di canto lirico-monostrofico, meridionale, che, piuttosto omogeneo nei temi e nelle forme testuali, si articola in molti e diversificati modelli musicali, secondo veri e propri codici locali di espressione canora, in cui quasi costante è solo l'andamento discendente della melodia e frequente l'altalenare fra cantato e gridato nelle prime note di ogni nucleo strofico. La campagnese è appunto una forma locale tipica, generalmente con ripresa corale e con accompagnamento di organetto, come tali sono le più diffuse tammurriate e cilentane.

    Data: 1976

  • Durata 09:50
  • Luogo Salerno
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore (Bella figliola) Carlo Vassallo: voce, organetto; Iole Musi: campanelli. (Tarantella) Carlo Vassallo: organetto; Gelsomino D'ambrosio: tammorra. (I' comme t'aggi 'amato) Gelsomino D'Ambrosio: voce, triccheballacche, Iole Musi: voce; Adriana Ciaco, Geppino Gentile, Andrea Bastolla: coro; Carlo Vassallo: coro, tammorra; Gianfranco Rizzo: organetto
  • Autore Teatrogruppo di Salerno

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  • Descrizione

    Sequenza di canti: Ne' Carnuvà pecchè sì muorto, lamento rituale per la morte di Carnevale, raccolto nel gennaio 1975 presso un bracciante di S. Marzano. La discendenza da antichissimi riti di eliminazione, di morte e resurrezione, la metrica insolita (con affinità al verso martelliano), la melodia continuamente interrotta e ripresa, la ricchezza timbrica, l'accentuata melismaticità, le note lungamente tenute fanno di questo canto un esempio di grande importanza di espressività popolare. Tanto che bella la patrona mia, canto su tammorra ascoltato a S. Mango Piemonte alla festa dell'Immacolata del 1975 nell'esecuzione dell'organizzatore di uno dei fuochi accesi per l'occasione in vari luoghi del paese. Le differenze più evidenti di questo tipo di tammurriata, il più a sud di quelli da noi indagati, dalle tammurriate dell'agro nocerino-sarnese sono una più distesa cantabilità e un minore sviluppo melismatico; al telaio del tamburo i suonatori legano spesso giuggiole e campanelli con un effetto sonoro marcato e diverso da quello reso dai normali sonagli.

    Data: 1976

  • Durata 03:27
  • Luogo Salerno
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore (Ne' Carnuvà, pecchè si muorto) Andrea Bastolla: voce; Iole Musi: sonagli. (Tanto ch'è bella la patrona mia) Andrea Bastolla: voce; Iole Musi: sonagli; Carlo Vassallo: tammorra
  • Autore Teatrogruppo di Salerno

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    Sequenza di canti: Simm'arrivati a uno, canto enumerativo utilizzato come canto infantile, comunicatoci nell'agosto 1975 da una casalinga, cuoca stagionale, residente a Campagna e originaria di Felitto, la quale sviluppava la sequenza numerica fino a dieci. ll ritornello, che nel testo sembra rivelare un'origine marziale, viene scandito dal battito alternato delle mani tra loro e sui fianchi, in funzione di gioco e insieme di addestramento dei bambini a movimenti e fonazioni ritmici e sincronici. Caro cumpare, canto cumulativo a voci alterne molto diffuso, in cui la sequenza d'accumulo è data dalla enumerazione di alcuni strumenti musicali e dei suoni da essi prodotti; la serie e l'ordine degli strumenti variano da luogo a luogo e ancor più lo schema musicale. L'esecuzione del disco, parziale, ha come modello testuale e musicale il canto ascoltato nel dicembre 1975 ad Acquavella.

    Data: 1976

  • Durata 04:14
  • Luogo Salerno
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore (Simm'arrivati a uno) Iole Musi: mani, voce; Carlo Vassallo: chitarra; Adriana Ciaco: voce; Gianfranco Rizzo: fisarmonica. (Caro cumpare) Geppino Gentile: voce; Andrea Bastolla: voce; Carlo Vassallo: chitarra, tamburello; Gianfranco Rizzo: fisarmonica; Iole Musi: campanelli.
  • Autore Teatrogruppo di Salerno

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    Due tarantelle raccolte a Montoro lnferiore durante la festa dell'lncoronata nell'aprile 1975. ll rapporto ritmico e armonico fra tonica e dominante, comune a tutte le tarantelle, ha determinato la particolare diffusione dell'organetto come strumento di accompagnamento di questo ballo. Sotto la generica denominazione di tarantella vengono comprese musiche da ballo diverse tra loro per ritmo e melodia e tutte completamente differenti dalle tarantelle rese commestibili al gusto musicale dall'elaborazione di musicisti colti. L'espressività dionisiaca caratteristica delle tarantelle popolari può essere ricondotta alla funzione originaria di scansione musicale e coreutica all'interno della festa carnevalesca.

    Data: 1976

  • Durata 04:42
  • Luogo Salerno
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore (1a Tarantella) Giancarlo Capacchione: organetto; Carlo Vassallo: tammorra; Iole Musi: sonagli. (2a Tarantella) Gianfranco Rizzo: organetto; Gelsomino D'Ambrosio: triccheballacche; Carlo Vassallo: tamburello; Geppino Gentile: castagnette; Iole Musi: sonagli
  • Autore Teatrogruppo di Salerno