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Archivio Sonoro

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Fondo Leydi (Puglia) (472)

La parte “pugliese” dell'archivio di uno dei padri della moderna etnomusicologia.

La parte “pugliese” del Fondo Leydi, depositato nel 2002 presso il Centro di Dialettologia e di Etnografia di Bellinzona, di cui si riporta la classificazione di ogni singola raccolta. Comprende registrazioni sul campo effettuate da Roberto Leydi e da molti altri  studiosi, da Leo Levi ad Annabella Rossi, su tutto il territorio regionale nell’arco di quasi quarant’anni (1964-2000).
Tra i fondatori della moderna etnomusicologia, Roberto Leydi è stato uno straordinario  intellettuale che, mosso da una molteplicità di interessi, ha svolto un ruolo rilevante in molte delle più significative iniziative della cultura italiana del secondo Novecento. Dal 1947 critico musicale per l’”Avanti”, dove si occupa di jazz, blues e musica popolare americana, collabora con Luciano Berio, Umberto Eco e Bruno Maderna alla fondazione dello “Studio di Fonologia” della Rai di Milano. Nel 1954 realizza con Berio e Maderna Ritratto di città, il primo lavoro italiano di musica concreta ed elettronica, e, nello stesso anno, firma con Tullio Kezich Ascolta Mister Bilbo! Canzoni di protesta del popolo americano, all’origine del suo interesse per la musica popolare italiana, indagata per tutta la vita coniugando la ricerca sul campo con l’uso delle fonti storiche ed etnografiche.
Cofondatore nel 1962 dell’Istituto De Martino e del Nuovo Canzoniere Italiano, alle cui vicende partecipò con un ruolo fondamentale fino al 1967, ha promosso una delle più vaste ed organiche ricognizioni sui repertori sociali e politici italiani nonché sull’espressività popolare dell’Italia settentrionale, animando anche iniziative collettive di largo respiro come la fondazione, nel 1972, dell’Ufficio Cultura Mondo Popolare della Regione Lombardia, ora AESS-Archivio di Etnografia e Storia Sociale, all’interno del quale si realizzò la monumentale opera del “Mondo popolare in Lombardia”, articolatasi in 15 volumi e in numerosi dischi della collana Albatros che, da lui diretta e fondata, pubblicò oltre 200 “documenti originali del folklore europeo”.
Attento come pochi alle dinamiche che potevano rendere fecondo il rapporto tra studio e valorizzazione, Leydi promosse attività ed iniziative che potevano garantire visibilità a una cultura “altra”, diversa da quella ufficiale, senza alterarne però l’identità che si dava soprattutto nella peculiarità di registri espressivi irriducibili a quelli di altri generi musicali. In quel crinale molto ripido in cui si poteva conciliare il rigore filologico con le esigenze di promozione, si situano così memorabili esperienze di studio e spettacolo come Pietà l’è morta (con Giovanni Pirelli e Filippo Crivelli), Milanin Milanon (Milano, 1962, con Filippo Crivelli), Bella ciao (Spoleto, 1964, ancora con Crivelli e Franco Fortini) e Sentite buona gente (Milano, 1967, con Diego Carpitella e Alberto Negrin) che segnava un momento discriminante non solo in relazione alla riproposta in chiave spettacolare dei suoni tradizionali ma anche per il loro studio più rigorosamente organizzato attorno a una disciplina scientifica come l’etnomusicologia.
Nel 1972 l’approdo all’università di Bologna con una delle prime cattedre italiane di etnomusicologia che, per uno studioso di formazione tutt’altro che accademica, significava soprattutto il riconoscimento dell’esistenza di un’altra musica alla cui valorizzazione e studio aveva dedicato gran parte della sua vita.
Nel 2002 la decisione di affidare il suo sterminato patrimonio etnomusicale al Centro di Dialettologia e di Etnografia di Bellinzona che, con la collaborazione della Fonoteca Nazionale Svizzera e il sostegno di Memoriav, ne ha curato con rigore i riversamenti conservativi e la sua inventariazione. Grazie anche alla sensibilità del direttore del Centro, Franco Lurà, e di tutti i componenti del Comitato scientifico, questi materiali sono ora fruibili, su base regionale, nelle sedi della Rete degli Archivi, al fine di faciltarne la consultazione a studiosi ed appassionati: sono esclusi dal fondo quelle raccolte per le quali non si è avuta una formale autorizzazione dai rispettivi ricercatori. 
Nell’impossibilità di ripercorrere tutte le fasi ed opere della vita di Leydi, ci piace ricordare, con Umberto Eco, la “leggerezza, gaiezza, sicurezza di giudizio critico, senso del teatro e ricerca eccezionale di un grande etnomusicologo”.

G. Leggieri e G. Canistro, Carpino 1984 (28)

Serenate e tarantelle del Gargano in un momento di trapasso dal vecchio al nuovo

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L. Levi, San Nicandro Garganico, 1964 (32)

Canti della comunità neo-ebraica di Donato Manduzio

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L. Rinaldi, San Giovanni Rotondo, 1968 (9)

Due straordinari interpreti, Domenico Rinaldi e Luigi Longo

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M. Biasi, Salento (41)

Ninne nanne, filastrocche e canti polivocali del Basso Salento

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R. De Cristofaro, Gargano, 1966 (42)

Una delle più estese e antiche rilevazioni sul Gargano

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R. De Cristofaro, Gargano2 1966 (37)

Una delle più estese e antiche rilevazioni sul Gargano

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R. De Cristofaro, Gargano3 1966 (33)

Una delle più estese e antiche rilevazioni sul Gargano

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R. Leydi, Carpino 1988 (20)

Su Antonio Piccininno, uno degli interpreti più rappresentativi della tradizione di Carpino

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R. Leydi, Carpino e San Giovanni Rotondo, 1988 (15)

Ancora su Piccininno e tradizioni locali, organetto e chitarra battente

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