I canti all’altalena di Biccari, detti nzammarùchele, rappresentano, per contesto originario di esecuzione e di funzione (canti di corteggiamento eseguiti durante il carnevale), gli equivalenti degli sciamboli di Volturino. L’unica diversità di esecuzione riguarda il ritornello in cui la seconda voce, invece di intonare una formula nonsense (Te mmàna-né), ripete ogni verso, intonandolo subito dopo la prima voce.
Un’altra particolarità della raccolta, emersa durante la ricerca, consiste nella maggiore durata nel tempo di questa tradizione, conseguenza dell’uso di tali canti anche in contesti “modernizzati”, legati alle varie festività. Gli nzammarùchele sono così “sopravvissuti” più a lungo nella memoria del paese perché, per qualche tempo, sono stati rifunzionalizzati e utilizzati più come elemento ludico che dichiarativo. Un'evidente conferma di questo fenomeno risiede nei testi dei canti, quasi del tutto italianizzati, nei quali l’espressione dei sentimenti usa un contenuto manieristico.
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