
Mimmo Ferraro
000 Giuseppe Di Buduo, Piazza di Pandola 1975
Rilevazioni effettuate nel 1975 da Giuseppe Di Buduo (antropologo di formazione, regista teatrale e fondatore nel 1976 del Teatro Potlach a Fara Sabina) a Piazza di Pandola, frazione di Montoro Inferiore, durante il periodo del carnevale quando nella cittadina avellinese si tiene la tipica mascarata, spesso itinerante in comuni limitrofi (per le caratteristiche generali si rinvia a P. Apolito 1973 e 1975). Le registrazioni risalgono probabilmente alla domenica che precede il martedì grasso e documentano, in particolare, la caratteristica tarantella che accompagna la sfilata delle maschere e il ballo processionale detto 'ntreccio o ballintrezzo. La tarantella viene eseguita dai musicisti della "piccola banda" di Serino composta da ciaramella, che ripete diversi modelli melodici anche accennando a motivi famosi (come la Tarantella di Luigi Ricci tratta dall'opera Piedigrotta del 1852, assai diffusa in ambito polare) e da una sezione percussiva (tamburo a bacchette, grancassa e piatti).
Il ricercatore, inoltre, intervista (traccce 9-11) alcuni partecipanti che parlano dei personaggi principali della mascarata, distinguendo tra quelli che eseguono delle parti (come Pulcinella e il notaio Don Nicola) o delle macchiette legate ad alcuni mestieri (pisciaiuolo, ricottaro, ecc.) e quelli che invece impersonano semplicemente delle maschere: la vecchia con la conocchia, lo zingaro con la carretta, ecc. Gli ultimi due documenti, purtroppo non integrali, riguardano la 'mpruvvesata di Pulcinella e la parte recitata dal Notaio (traccce 1-15), entrambe costruite su formule stereotipe e satiriche invettive improvvisate rivolte a notabili locali.
(186, 108793)
000 Giuseppe Di Buduo, Montemarano 1975
Documenti sonori raccolti da Giuseppe Di Buduo a Montemarano nel febbraio del 1975 (per le caratteristiche generali si rinvia a De Simone-Rossi e Bassano, Montemarano 1974): esecuzioni (talvolta solo frammenti) della tipica tarantella suonata durante il carnevale per le strade dalle orchestrine (clarinetto, fisarmonica e tamburello) ad accompagnare la danza processionale che si snoda per le vie del paese avellinese disposta su due file di ballerini mascherati, guidate dal Pulcinella caporabballo, vestito solitamente con un costume bianco e rosso e con un alto cappello. In alcune tracce la maschera, che dispone di una certa "autorità" come dimostra il bastone che reca tra le mani, viene invocata per organizzare la danza cercando di contenere la confusione prodotta dalla mascherata carnevalesca in momenti di euforia collettiva, come documenta il paesaggio sonoro festivo ritratto dal ricercatore. L'audio di alcune tracce risulta particolarmente compromesso.
(187-187A, 108794)
000 Enzo Bassano, San Marzano sul Sarno 1974
Documenti sonori registrati nel 1974 da Enzo Bassano a San Marzano sul Sarno, cittadina della provincia salernitana dell'agro nocerino-sarnese, molto probabilmente nel periodo delle festività legate al carnevale. Le registrazioni documentano diverse tipologie di repertori: canti con accompagnamento di scacciapensieri (traccia 01 e 02), fronne, stornelli, brani del repertorio della canzone napoletana eseguiti con accompagnamento di tamburo a cornice o scacciapensieri (05-06), canto sul tamburo a voci alterne nel tipico stile nocerino-sarnese (07). Solo l’ultimo brano documenta direttamente un tipo di repertorio carnascialesco, ovvero le lamentazioni per la morte di Carnevale (per le quali si veda Maddaloni e Marcianise 1972) eseguite sempre a voci alterne (maschili e femminili) e con l’utilizzo dello stereotipo "Oje Carnevalone mio"cantato in coro.
(150)
000 Enzo Bassano, Palma Campania 1974
Documento sonoro registrato da Enzo Bassano nel 1974 a Palma Campania in occasione del carnevale (nel Carnevale si chiamava Vincenzo, oltre alla pubblicazione di alcune foto scattate dallo stesso Bassano, si descrive puntualmente l’organizzazione e la competizione tra le quattro quadrigliepalmesi di quell’anno).
Il termine quadriglia a Palma non definisce l’omonimo ballo spesso associato nelle rappresentazioni carnevalesche alla Canzone di Zeza, bensì l’azione drammatica di un gruppo di persone che, scelto un tema comune (nel 1974 il tema è ispirato ala "cultura araba"), lo rappresentano sia a livello visivo, attraverso i vestiti e le maschere, sia a livello sonoro, in genere attaverso un lungo canzoniere composto essenzialmente da motivi famosi, o, talvolta, scrivendo delle canzoni d’occasione adattate su melodie già note o, più raramente, su musiche originali. I brani del canzoniere vengono provati a lungo (si inizia a concertare anche un mese prima) e vengono presentati ufficialmente alla popolazione la sera prima del martedì di carnevale, quando si effettua il cosiddetto passo: una sorta di prova generale delle varie quadriglieche, non mascherate, eseguono i rispettivi canzonieri che poi saranno ripetuti, stavolta in maschera, nella giornata successiva. I brani del canzoniere, anche quelli noti, sono sempre rielaborati e quadriglizzati in base al tema scelto e vengono eseguiti da una banda di musicisti composta generalmente da strumenti a fiato (tra cui spicca quasi sempre il clarinetto, ma in passato anche la ciaramella) e a percussione, alcuni tipici della tradizione napoletana (tamburelli, scetavajasse, triccheballacche, ecc.) altri "inventati" per l’occasione dai palmesi stessi.
La tradizione della quadriglia palmese sembra derivare da quella dei cartelli dei carri e delle quadriglie, legati alle corporazioni delle arti e dei mestieri e documentati per il carnevale nella città di Napoli fin dal '700 (si veda a tal proposito Domenico Scafoglio, Il carnevale napoletano, Newton Compton, 1997). Ciascuna quadriglia con i suoi musicisti viene guidata da un capo che non è un vero e proprio direttore o maestro di musica, ma che in qualche modo esercita anche questa funzione, tenendo spesso in mano una sorta di bacchetta. Il cumannante (così viene definito a livello popolare) è la figura più importante di ciascuna quadriglia tanto che spesso (soprattutto in passato) ogni quadriglia viene identificata col nome (o il soprannome) del suo cumannante: a quatriglia ‘e Filippiello, a quatriglia ‘e Licchittino, ecc. Il cumannante della quadriglia documentata (che risultò quell’anno vincitrice della gara) è una delle figure storiche del carnevale palmese ovvero Giovanni Caliendo, conosciuto anche come Giannino 'a vicchiarella, che nel 1974 aveva trent’anni, lavorava a Bologna ma era tornato a Palma Campania nel periodo precedente al carnevale proprio per preparare la sua quadriglia. Secondo diverse testimonianze a lui spetterebbe anche l’ideazione del cosiddetto stacco durante il canzoniere. Per queste e altre notizie e curiosità relative al carnevale di Palma Campania si rimanda al recente e documentato lavoro del giornalista palmese Pasquale Iorio, Tutta colpa della quadriglia, Carpe Diem editore, 2012.
(150)
000 Enzo Bassano, Montemarano 1974
Documenti sonori registrati da Enzo Bassano a Montemarano (Av) nel 1974 durante il carnevale, tra febbraio (molte registrazioni risalgono a domenica 24 febbraio, precedente al martedì grasso) e l’inizio di marzo (la rappresentazione della morte di Carnevale si svogeva la domenica del 3 marzo).
Bassano partecipava ad un esteso gruppo di ricerca coordinato da Annabella Rossi e Roberto De Simone (non a caso talvolta le esecuzioni rilevate sono le stesse, seppur registrate da postazioni diverse) il cui lavoro congiunto ha permesso la stesura del volume collettivo Carnevale si chiamava Vincenzo nel quale sono trascritti i testi di diversi documenti sonori qui presentati per la prima volta.
Per un’introduzione generale al carnevale di Montemarano si rimanda a De Simone-Rossi 1974.
La seguente raccolta risulta composta da brevi interviste (track 03 e 07), canti accompagnati da fisarmonica con o senza tamburello (track 14-15) e la documentazione quasi completa della morte di Carnevale (track 05). Le restanti registrazioni riguardano invece alcuni esempi di tarantelle solo strumentali con ciaramella o con clarinetto (track 01, 02, 09) ma soprattutto diverse esecuzioni di tarantelle cantate. In quest’ultime si può apprezzare la grande varietà di testi associati a specifici motivi melodici (si veda a tal proposito l’intervista track 07) su temi ironico-licenziosi (si ironizza spesso su persone del paese) e talvolta marcatamente erotici attraverso esplicite associazioni tra strumenti musicali (clarine e ceremelle) e organi sessuali (ad esempio la purchiacchiella, indicante il sesso femminile) oramai rotti e riparabili solo con aggeggi usati dai calzolai... (mestiere praticato da alcuni dei cantori o suonatori) vale a dire puntine e semmenzelle (chiodi e chiodini). In particolare sei di queste tarantelle cantate (track 06, 08, 10-13) riguardano proprio i documenti sonori relativi alle trascrizioni di tarantelle montemaranesi, sopra citate, raccolte in Carnevale si chiamava Vincenzo.
(150-1)
000 Annabella Rossi, Rivottoli di Serino 1975
Documenti sonori raccolti da Annabella Rossi, sul campo con Roberto De Simone e una ricercatrice non identificata, a Rivottoli frazione di Serino (Av) il martedì grasso del 1975 in occasione della funzione delle Quarantore che nella liturgia cattolica rievoca il periodo intercorso tra la morte e la sua resurrezione di Cristo (l'intervallo di quaranta giorni ricorre nelle sacre scritture ad indicare periodi di prova e di isolamento). Spesso le Sante Quarantore (o carnevale sacro) coincidono, come accade a Serino, con i giorni del carnevale. L'autrice rileva l'ambiente sonoro che precede e segue la predica; un'intervista in due tempi con Silvio Vigorita, cittadino di Serino nato nella frazione di Ferrari e commerciante nella frazione di Sala, che racconta in che modo la tradizione del carnevale locale (con l'usanza, ad esempio, di gettarsi addosso il talco, in passato i fiori, i confetti ecc.) si coniughi con la celebrazione cattolica delle Quarantore; la lunga predica rivolta ai fedeli da un oratore esperto, probabilmente chiamato per l'occasione; l'uscita della processione con la confraternita disposta su due file e il prete che porta il Sacramento e concede la benedizione; gli immancabili fuochi d'artificio a chiudere la festa.
(188)
000 Annabella Rossi, Macerata Campania 1975
La raccolta contiene una serie di registrazioni realizzate nel 1975 sul carnevale in area casertana. Gran parte dei documenti riguarda la festa di Sant’Antonio Abate a Macerata Campania, che offre uno spettacolo originale e antico con la parata delle battuglie (pattuglie) di pastellesse (da una ricetta tradizionale di pasta con le castagne). Le battuglie sono formate da gruppi di bottari sistemati su carri trainati da trattori agghindati di palme e festoni. Per lo più minorenni guidati da un capo paranza, i bottari, al suono di botti, tini, falci, seghe, tamburi e altri strumenti di uso contadino, percorrono il corso del paese eseguendo un repertorio di tarantelle, strofette, marce, filastrocche e canzoni licenziose accompagnate da frenetici ritmi percussivi.
Le registrazioni restituiscono vari momenti della parata delle battuglie di pastellessa, detti anche carri di Sant’Antonio. Le battuglie di pastellesse si esibiscono durante il percorso dinanzi a un Comitato, alle autorità e all’intera comunità, prima dell’accensione di fuochi pirotecnici figurati che chiudono la festa in un’atmosfera assordante di frenesia e divertimento generale. Le origini pagane della festa sembrano avere funzioni apotropaiche e propiziatorie, in seguito orientate verso Sant’Antonio Abate al fine di allontanare spiriti avversi, invocare un buon raccolto e la protezione degli animali. I documenti presenti in questa raccolta testimoniano forse una delle ultime esecuzioni del tutto acustiche, senza impianti elettronici di amplificazione che ostentano potenze in decibel, come accade negli ultimi tempi. Le registrazioni di Annabella Rossi restituiscono un paesaggio sonoro in festa di notevole interesse e fascino, forse, totalmente mutato. Tuttavia, in queste registrazioni non sono distinguibili i vari momenti della parata scanditi in fasi ritmiche e musicali, individuati da Roberto De Simone (andamento animato detto pastellessa; tarantelle e canzoni; musica dei morti o grancascia; rullo, in Son sei sorelle, Squilibri 2010: 81, 199).
Esula dai repertori carnevaleschi l'ultima traccia della raccolta, registrata a Carano di Sessa Aurunca, sui locali culti mariani.
(266-67A, 108825-6)
000 Annabella Rossi, Interviste 1974
Interviste sul carnevale condotte da Annabella Rossi nel 1974 (probabilmente tra gli ultimi mesi di quell’anno e i primi del 1975) in cinque diverse località campane della provincia di Avellino (Cesinali, Celzi, Bellizzi, Montemarano) e a S. Croce del Sannio, nel beneventano. Gli interlocutori sono i protagonisti delle rappresentazioni (il capozeza di Bellizzi, il Pulcinella di Cesinali, ecc.) o commentatori che raccontano la storia, l’organizzazione e i "segreti" delle rappresentazioni carnevalesche dei loro rispettivi paesi. Parte di questi documenti è stata trascritta e indagata nel volume, curato dalla ricercatrice stessa e da Roberto De Simone, Carnevale si chiamava Vincenzo.
(167, 108788)
000 Annabella Rossi, Galluccio 1973
Documenti sonori raccolti da Annabella Rossi il 6 marzo 1973, martedì grasso, nella più estesa delle cinque frazioni di Galluccio (Ce), San Clemente. Nella cittadina casertana durante il carnevale, almeno fino agli inizi degli anni '50, si tenevano in successione quattro rappresentazioni: la Zeza, i Mesi, la Vecchia e la Morte e il Gigante. Poi, dopo più di vent'anni di silenzio dovuto principalmente alla mancanza di partecipazione (molti erano emigrati al Nord o all’estero, oppure si erano trasferiti in città), nel 1972 grazie alla adesione dei più giovani era stato possibile organizzare nuovamente le manifestazioni carnevalesche.
Le prime tracce della raccolta (01-08) ricostruiscono, attraverso la viva voce degli animatori, tradizioni festive e rituali locali (oltre al carnevale, i fuochi per Sant'Antonio Abate, diverse processioni, ecc.) ma anche le attività lavorative del paese (l'agricoltura, l'artigianato, la produzione vinicola) e la realtà sociale; è documentata (traccia 03) l'esecuzione integrale dei Mesiregistrata non in piazza all'aperto, dove tipicamente si svolge, ma nella scuola del paese, probabilmente su richiesta della stessa ricercatrice; vengono presentati (traccia 05) i partecipanti alle quattro rappresentazioni del 1973: in totale più di trenta persone, per lo più giovani studenti ed operai, oltre ai più anziani, già protagonisti delle messe in scena nel dopoguerra (frammenti delle interviste, la presentazione dei personaggi e il testo della rappresentazione dei Mesi eseguita, sono trascritti nel volume Carnevale si chiamava Vincenzo, curato da A. Rossi e R. De Simone).
I restanti documenti (tracce 9-20), registrati in un'occasione conviviale tra la ricercatrice e gli informatori, probabilmente in un'osteria, comprendono un solo brano strumentale (traccia 10) e una serie di canti per lo più a voce maschile (singola o a parti alterne), con alcuni interventi di voci femminili (senza accompagnamento strumentale, fatta accezione per le tracce 09 e 12, in cui entra una fisarmonica). Si tratta di canti lirico-monostrofici costruiti su distici di endecasillabi, una sorta di strofette distiche, eseguite sulle stesse frasi melodiche (seppur con microvariazioni personali dei vari cantori) e spesso in un botta e risposta tra le due voci che si alternano. Le tematiche testuali variano tra canti a dispetto, d’amore, di sdegno e soprattutto di mietitura (un interlocutore sostiene che l'occasione prevalente per l'esecuzione di questo genere di canti fosse appunto quella delle attività lavorative legate alla mietitura); la parodia di un canto arabeggiante (traccia 19) è seguita dall'esecuzione della nota canzone napoletana Maria Marì e ironiche lamentazioni funebri in morte della protagonista (traccia 20).
Si riportano il fondo alla raccolta due ulteriori documenti (tracce 21-22) registrati dalla stessa ricercatrice ancora a Galluccio ma nel 1976, probabilmente a gennaio: l'esecuzione cantata di frammenti della Zeza e un'intervista sulle tradizioni carnevalesche del paese e dell'area casertana.
(100, 100A-B-C-D 108754 e 267, 267A 108826)
000 Annabella Rossi, Eboli 1976
Documento sonoro registrato nel 1976 da Annabella Rossi a Eboli, durante l’esecuzione di una farsa carnevalesca recitata e cantata, il Don Annibale, che per componenti e caratteristiche rimanda a tutti quei ridicolosi contrastimatrimoniali, collegati ai riti primaverili, di cui il più noto e diffuso in Campania è sicuramente la Canzone di Zeza.
I personaggi del Don Annibale, le cui origini secondo alcuni risalirebbero al '700, sono Giulietta (la ragazza), Don Annibale (pretendente di Giulietta), il Dottore (che suggerisce la cura per Giulietta), Zì Aniello (padre di Giulietta), Carolina (serva del Dottore) e Pulcinella (invaghito di Carolina). Tutti interpretati da uomini, come nella Zeza. La trama è la seguente: Giulietta è affetta da una strana smania o gulio (voglia), che non la fa dormire e mangiare, per cui chiede al Dottore quale possa essere la cura, il Dottore manda a chiamare il padre di Giulietta, Zì Aniello, e gli dice di aver capito da cosa proviene la malattia della figlia e che per sanarla ci vuole assolutamente un marito: bisogna quindi chiamare Don Annibale, innamorato di Giulietta, e farli sposare; interviene allora Pulcinella che rivolgendosi al Dottore confida di essere anche lui affetto da una strana malattia: è innamorato di Carolina, ovvero la serva del Dottore; quest'ultimo in un primo momento cerca di ostacolare l’unione consigliando alla propria serva di lasciar perdere Pulcinella che è uno ’nchiappamosche (acchiappamosche, un nullafacente), ma poi non può che arrendersi di fronte all’esplicita volontà di Carolina che confessa di sentirsi sola la sera mentre con Pulcinella starebbe più sicura. La rappresentazione si conclude con l’appello corale al pubblico da parte di tutti personaggi a partecipare ai due matrimoni da celebrare (Don Annibale con Giulietta e Pulcinella con Carolina) seguito da un ballo conclusivo di tutti i protagonisti. Nell’edizione del 1976 accompagnavano la messa in scena una fisarmonica, un ottavino (sostituito in rappresentazioni recenti dal sassofono), tamburo a bacchette, grancassa, putipù (tamburo a frizione).
La farsa del Don Annibale a Eboli, dopo diversi anni di interruzione, è stata recentemente (dal 2000 in poi) riproposta grazie all’impegno di Anna Scaramella, che ha raccolto il testimone della tradizione ebolitana ereditato da Giovanni Gallotta che nella farsa del Don Annibale del 1976, come documentato da un ritratto di Marialba Russo scelto come immagine icona della raccolta, vestiva i panni di Pulcinella.