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Archivio Sonoro

Mimmo Ferraro

Mimmo Ferraro

Martedì, 17 Luglio 2018 11:52

000 Marialba Russo, Scafati 1973

Documenti sonori raccolti nel 1973 da Marialba Russo, con la collaborazione di Paolo Apolito (la cui voce è riconoscibile in alcune tracce), a Scafati, nella provincia di Salerno, in occasione della Festa della Madonna dei Bagni, che si tiene durante il periodo dell'Ascensione esattamente tra il mercoledì precedente, che nel 1973 cadeva il 30 maggio, e la domenica successiva, quindi il 3 giugno (per ulteriori notizie si veda A. Rossi, E. Bassano, Scafati 1974). Le seguenti registrazioni, molto probabilmente, sono relative al mercoledì quando si snoda la processione dei fedeli al miracoloso Fosso dei Bagni (fuosso 'e Vagne) dove vengono eseguiti canti e balli sul tamburo durante l'intera giornata. Si tratta di interviste rivolte a suore francescane (tracce 01-08) e a fedeli che parlano dei rituali (tipo la "pennellazione") e dei miracoli compiute dalla Madonna dei Bagni (tracce 20-22). Si ricostruisce la storia del culto mariano, l'organizzazione e lo svolgimento della festa. La parte centrale della raccolta (tracce 09-15) contiene invece canti sul tamburo eseguiti prevalentemente da voci femminili.

(108-111, 108757-9)

Martedì, 17 Luglio 2018 11:50

000 Marialba Russo, Pagani 1973

La raccolta contiene materiali registrati nel 1973 da Marialba Russo con la collaborazione di Roberto De Simone a Pagani, nella provincia di Salerno, in occasione della Festa della Madonna delle Galline che si tiene la domenica in Albis (si presume che il materiale sia stato registrato il 29 aprile, in quanto nel 1973 la domenica di Pasqua era il 22 aprile).
La leggenda narra che una vecchia effigie di Maria SS. del Carmine, sotterrata per sottrarla alle scorribande saracene, fu ritrovata grazie al raspare delle galline (da qui il nome) e conservata nell’oratorio dell’Annunziatella detto anche spogliaturo. I primi miracoli risalgono al 1600, in seguito ai quali fu costruita la chiesa accanto al vecchio oratorio. La domenica in Albis viene portata in processione la statua della Madonna sul cui piedistallo sono posizionati galline e colombi, durante il pomeriggio, mentre la processione continua, c’è il raduno dei suonatori e cantatori nella villa comunale dove si esibiscono in canti e danze sfrenate.  Si narra che fin dal VII sec.  i paganesi abbiano come usanza quella di offrire galline e altri volatili in omaggio alla Madonna.
La raccolta contiene una prima parte di interviste rivolte ai cittadini di Pagani sulle notizie storiche relative al culto della Madonna delle Galline, sui momenti centrali della festa, le grazie ricevute e la polemica nata dal fatto che la statua della Madonna fosse rientrata in chiesa troppo presto (brani 01-16). Vi è anche una breve intervista al prete circa tale polemica (brano 15). La seconda parte, invece, è composta da un nutrito numero di brani contenenti balli e canti sul tamburo (brani 17-49). Si ascoltano esecuzioni sia di sole voci maschili che femminili e brani in cui le voci si alternano, in una modalità esecutiva molto frequente nello stile di canto sul tamburo dell'agro nocerino-sarnese. Gli strumenti riconoscibili in queste esecuzioni sono il tamburo a cornice, le castagnette e lo scacciapensieri.

(112-15)

Martedì, 17 Luglio 2018 11:36

000 Marialba Russo, Napoli 1972

Una serie di stornelli, canti lirici e canti sul tamburo registrati a Napoli, di cui, purtroppo, non abbiamo informazioni su esecutori e date. I brani eseguiti, per lo più testi d’amore, ironici e di scontro, diffusi in molte aree del Meridione, restituiscono pregevoli interpretazioni di voci e tamburi della tradizione partenopea.  

(153)

Martedì, 17 Luglio 2018 11:33

00 Marialba Russo

Nata a Giugliano, studia pittura all'Accademia di Belle Arti di Napoli, avvicinandosi alla fotografia alla fine degli anni Sessanta e rivolgendo la propria attenzione principalmente alle rappresentazioni religiose e alle feste popolari dell'Italia centro-meridionale. E' stato definito uno "sguardo da sud" il suo, che coglie ritratti, paesaggi, occasioni rituali e aspetti della vita quotidiana attraverso la contestualità che la ricerca etnografica impone: la partecipazione a gruppi di studio sul campo, come nelle esperienze condotte in sinergia con Roberto De Simone documentando i carnevali campani, rivelano l'impegno nell'indagine sociale, l'attenzione rivolta alla cultura d'ambiente e agli aspetti antropologici delle pratiche devozionali e festive. Tra il 1972 e il 1976 collabora con il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma e, negli stessi anni, un corso di fotografia collegato alla cattedra di antropologia culturale dell'UNiveristà di Salerno, tenuto da Annabella Rossi con la quale intensifica le ricerche sul campo in diverse aree del meridione, dalla Campania al Lazio. Oltre al ruolo di grande rilievo avuto nel Carnevale si chiamava Vincenzo, di questa fase più rivolta a tematiche antropologiche della sua attività di fotografa e ricercatrice sono testimonianza Immagini della Madonna dell'Arco, del 1973, e Gli eretici dell'Assunta, del 1974. 
Negli anni 1976 e 1977 pubblica Al ristorante il 29 settembre 1974 e Giornale Spray nella collana di fotografia "I Quaderni dello sguardo", da lei ideata. Accanto alla ricerca personale e all'attività esplorativa collabora con Vogue Italia e altre testate nazionali e straniere. Con la sequenza fotografica Il parto rappresenta l'Italia in "Venezia '79 la fotografia", nella sezione "Fotografia Europea Contemporanea" curata da Daniela Palazzoli, Sue Davis e Jean-Claude Lemagny. Prosegue poi le sue sperimentazioni sul linguaggio fotografico con i lavori Della serie delle centotrenta figure di spalle (1981) e 1929 Ritratto di mio padre e mia madre (1982). 
Nel 1989 la Galleria d'Arte Moderna Giorgio Morandi di Bologna propone una sua retrospettiva e la monografia Marialba Russo-Fotografie 1980-1987, accompagnata da una lettera di Alberto Moravia. "La fotografia", scrive Moravia, "è forse il mezzo più adatto per sorprendere quelle fulminee manifestazioni del mistero che James Joyce appropriatamente chiamava epifanie […]. Tu naturalmente miri a sorprendere queste manifestazioni ovvero epifanie nel loro apparire primo e unico […]. Cara Marialba, tu sai cosa voglio dire con queste mie poche parole perché sto dicendo appunto il tuo segreto". 
Negli anni Novanta muove la sua ricerca in una riflessione più intima e analitica, dove il paesaggio è metafora di un tempo interiore; è del 1993 Roma, Fasti Moderni-il disordine del tempo, del 1997 Epifanie, del 1998 Famosa, del 1999 Ritratto di me. Seguono due esposizioni: Incantesimo, proposta dal Museo della Fotografia di Salonicco nel 2001, e Passi, al Jin Tai Art Museum di Pechino nel 2003, si tratta di brevi sequenze tratte dall'Incanto, lavoro a cui l'autrice si è dedicata per dieci anni, dal 1990 al 2000. Ancora, commentando il proprio contributo alla ricerca atlante italiano007che affronta il tema della tutela della realtà diversificata del paesaggio contemporaneo come patrimonio collettivo, Marialba Russo dirà di trarre "ispirazione da molte cose - dalla realtà, dal vissuto, dai sentimenti, dai contrasti - ma principalmente dall'esserci: essere lì in quel preciso momento", ed è questa intensità che la documentazione acquista nel coinvolgimento con i contesti attraversati che il fondo intende testimoniare.

Martedì, 17 Luglio 2018 11:19

000 Luciano Blasco, Senerchia 1980

Festa patronale del piccolo paese che si affaccia sulla Valle del Sele. Caratterizzante la partecipazione degli zampognari alla processione che accompagna la statua di San Michele Arcangelo nel tragitto dalla piccola chiesetta fuori del paese: l'8 maggio il tragitto è in direzione del centro abitato, in senso contrario invece il 29 settembre. I canti devozionali a San Michele, eseguiti dalle donne in processione, sono spesso accompagnati dalle zampogne.

(874, 109068)

Breve intervento di documentazione per la festa di San Michele a Sant'Angelo a Cancelli, frazione di Pietradefusi, in provincia di Avellino. La registrazione segue la musica della banda in processione e documenta un inno a San Michele eseguito in italiano da voci femminili.

(846-7, 109054)

Martedì, 17 Luglio 2018 11:15

000 Luciano Blasco, Rutino 1979

La festività cade la seconda domenica di maggio (nel 1979 era il 13 maggio) ed è celebrata con un solenne rito religioso: la statua del santo viene portata in processione per le vie del paese; la  processione fa una breve sosta per assistere ai fuochi pirotecnici poi prosegue fino alla piazza centrale dove i portatori adagiano la statua di San Michele su un tavolo di fronte al palco. In una seconda fase viene allestita la Sacra Rappresentazione della lotta tra l'Arcangelo San Michele e Lucifero. L'Angelo, un bambino o una bambina, avanza lentamente in aria dalla loggia della casa canonica imbragato ad una carrucola che scorre su una corda fino a posizionarsi di fronte al palco che rappresenta l'Inferno. L'Angelo apre la prima parte del dramma lanciando un severo monito a Lucifero per essersi ribellato a Dio e gli annuncia che questa sua disobbedienza gli costerà cara. Lucifero si dichiara pronto alla battaglia e sfida l'Angelo. Con questa intesa termina la prima parte del dramma. L'Angelo accompagnato da applausi scroscianti raggiunge il lato opposto della piazza mentre la statua del Principe degli Angeli, in processione, percorre il lato opposto del paese (contrada Serra). Al ritorno della processione, giunti di nuovo in piazza, l'Angelo, munito di scudo e spada, ritorna in scena ed affronta Lucifero. Lo scontro comincia e, dopo un simbolico duello, l'angelo contrasta il diavolo. Umiliato e confuso Lucifero si dichiara sconfitto e si rifugia negli Inferi. L'Angelo, nel volo di ritorno, canta un inno di lode al cielo.

(846-7, 109054)

Martedì, 17 Luglio 2018 11:09

00 Luciano Blasco

Nato a Catanzaro nel 1954 ha vissuto prima in Calabria, poi a Salerno, quindi a Roma. Completato il biennio di biologia a Napoli conclude gli studi a Salerno dove si laurea in Antropologia culturale. Lavora quattordici anni presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni popolari di Roma svolgendo attività di ricerca soprattutto nelle regioni del centro e sud Italia. Dirige il Museo Etnografico di Morigerati (Campania) ed è membro dell'Associazione Italiana per le scienze etno-antropologiche (AISEA), della International Association for media in Science (IAMS) e dell'International Council of Museum (Icom Italia).
Realizza ricerche sui beni folklorici nelle regioni del Piemonte, Valle d'Aosta, Calabria, Basilicata, Campania, Lazio su commissione di enti pubblici (in particolare per l'Assessorato alla Cultura della Regione Lazio). Frequenti nelle sue ricerche l'uso delle registrazioni su nastro magnetico e i reportage fotografici sul lavoro contadino e la cerimonialità-ritualità popolare.
Autore del progetto scientifico per la creazione dell'Ecomuseo della Riserva naturale Tevere Farfa (Lazio), svolge attività di consulenza per centri di formazione professionale e società private per la realizzazione di corsi e per la pianificazione urbanistica della città di Pitigliano (Gr) e del Parco regionale dei Monti Simbruini (Lazio). Firma numerosi documentari per conto di enti pubblici e società private, oltre che per la RAI, e programmi culturali di festival di cinema documentario in qualità di Segretario generale dell'Associazione Italiana di Cinematografia Scientifica; coordina i rapporti istituzionali e l'organizzazione generale della Federazione Italiana dei Circoli del Cinema in qualità di Vicepresidente nazionale. Numerose le pubblicazioni, tra articoli e documentazioni di carattere divulgativo. 

Documenti sonori registrati nel 1974 da Roberto De Simone e Annabella Rossi (autrice anche, come pure Marialba Russo, della relativa documentazione fotografica) a Montemarano, durante il periodo del carnevale, che, nella cittadina avellinese, entra il 17 gennaio con la festa di Sant’Antonio Abate, culmina nei giorni di domenica, lunedì e martedì grasso per concludersi la domenica successiva con la Morte di Carnevale. Si è ritenuto utile inserire in questa raccolta anche una pertinente intervista ad una donna montemaranese, condotta dalla Rossi in un diverso periodo dello stesso anno. L’ampio repertorio comprende quindi interviste (brani 04, 49, 50, 51), paesaggio sonoro del carnevale montemaranese (brani 2, 20, 37), momenti conviviali catturati in osteria (brani da 06 a 13) tra suonatori, cantanti e gli stessi ricercatori, e canti eseguiti dai commensali, come Zì Tore, che si cimenta nell’interpretazione di una serie di stornelli e brani tratti dal repertorio della canzone napoletana e italiana degli anni ’40 (si tratta di canzoni portate al successo da cantanti come Luciano Tajoli e Carlo Buti) a dimostrare, ancora una volta, come i protagonisti della musica di tradizione orale contadina spesso frequentino anche i repertori, per così dire, più "urbani" o "commerciali", della popular music. È documentata la rappresentazione della Morte di carnevale(brani da 40 a 43) con i preparativi, l’avvio del corteo funebre accompagnato dalla musica, le lamentazioni e le parti recitate dai tre protagonisti (la Vedova, la figlia di Carnevale e il Dottore) ed infine una tarantella ballata sui resti del fantoccio di Carnevale, fatto esplodere con un petardo. Compongono la raccolta anche una serie di esecuzioni vocali (in alcuni casi soltanto per prova) con accompagnamento di fisarmonica e tamburello, e talvolta anche ciaramella (brani 18, 19, 31-35, 44). Le restanti registrazioni riguardano invece diverse esecuzioni della celebre tarantella montemaranese (si veda anche la raccolta M. Russo 1974-75) con esempi sia esclusivamente strumentali, nell’organico divenuto ormai "classico" composto da clarinetto, fisarmonica e tamburello (spesso si aggiungono le castagnette suonate dai danzatori), sia con parti cantate e/o suonate con la ciaramella, strumento con il quale la tarantella montemaranese veniva suonata prima dell’introduzione, appunto, del clarinetto di metallo (così come la fisarmonica ha sostituito negli anni l’organetto e, secondo alcuni, anche la zampogna, che in passato era probabilmente usata per le tarantelle insieme alla ciaramella). I  seguenti documenti  sonori  confermano Montemarano come paese musicale per eccellenza o paese dei "suoni belli" (così come lo definiscono gli stessi montemaranesi in alcuni canti), in cui la passione per la musica e la danza è vissuta come una sorta di "malattia" (..."benigna" però, come specifica uno degli intervistati). Non è quindi un caso che Montemarano, nel corso di oltre mezzo secolo  (a partire dalla metà degli anni ’50) abbia attirato l’interesse di ricercatori e studiosi, da Alan Lomax a Diego Carpitella, da Roberto De Simone e Annabella Rossi a Giovanni Giuriati, solo per citarne alcuni, non solo per la particolare tarantella caratterizzata dai ritmi sincopati del tamburello, l’ampio frasario melodico del clarinetto e le modulazioni armoniche accompagnate dalla fisarmonica, ma anche per molte altre espressioni musicali strumentali (come il repertorio per doppio flauto di Celestino Coscia) e vocali (le serenate, i canti religiosi o di lavoro ecc.) che questo paese è riuscito da sempre ad esprimere (per un ampio panorama sulla musica tradizionale montemaranese si veda in particolare il volume di Giuriati-D’Agnese, Mascarà Mascarà me' fatto 'nnamuràLe tarantelle e i canti di Montemarano, Nota, 2011).

(69-76 e 86, 108775-108782)

La presente raccolta riunisce tre documenti sonori registrati a Bellizzi Irpino, frazione di Avellino, nel 1974 da Roberto De Simone e Annabella Rossi. I primi due sono stati rilevati il 25 febbraio del 1974, precisamente il lunedì precedente il Martedì Grasso, contestualmente ad un’esecuzione all’aperto della Canzone di Zeza (per la cui descrizione generale si rimanda alla raccolta San Potito 1973, per quella più specifica invece a Bellizzi 1973). Il terzo documento sonoro è stato invece registrato dalla sola Rossi, sempre nel 1974, ma alcuni mesi mesi dopo (per la precisione durante il periodo di commemorazione dei defunti, quindi presumibilmente agli inizi di novembre) e si tratta di una lunga e interessante intervista con Ferdinando Tomeo, una delle figure storiche della Zeza di Bellizzi che ne racconta la storia a partire dagli anni '30, in cui lui ha iniziato a prendervi parte, la preparazione e l’organizzazione (brano 03).
Se il primo documento testimonia il paesaggio sonoro bellizziano nei momenti immediatamente precedenti alla rappresentazione della Zeza, il successivo invece restituisce l’intera esecuzione della Canzone di Zeza di Bellizzi (le due versioni raccolte nel 1973, vedere la raccolta sopra linkata, dallo stesso De Simone con Marialba Russo risultavano invece entrambe incomplete) nella quale il contrasto matrimoniale messo in scena dai quattro personaggi principali (Zeza, Pulcinella, Porzia e Don Zinobio, ai quali si aggiungono anche altre maschere, come i Cacciatori o il Giardiniere, che però non partecipano alla parte recitata-cantata) appare nella struttura tipica di Bellizzi che può essere ripartita in cinque sequenze: 
1) coro iniziale con incipit testuale "Azzeccatevi cacciatori/ mo’ che è l’ora dello magnà" su un motivo melodico autonomo non ripreso in seguito (come una sorta di preludio); 
2) prima parte del contrasto ingaggiato da Pulcinella ("Aimm’a serrà sta port’a mantice/ e mettince sta puntella) cantata su motivi melodici vicini a quelli riportati dalle fonti scritte ottocentesche (si confronti con la trascrizione di Guglielmo Cottrau pubblicata nella terza edizione dei Passatempi Musicali del 1829), con tratti modali che De Simone definisce di stile semi-colto, sottolineando anche delle affinità con le villanelle cinquecentesche;
3) seconda parte introdotta invece da Zeza ("E contraste so fernute/ ca nun ce vonne potere né querele") cantata su un ritmo più lento e su motivi melodici di stampo operistico e melodrammatico;
4) una terza parte più veloce, nuovamente annunciata da Zeza ("E con li violini e volincelli/ li violoncelli e triccabballachhe") su motivi melodici che sembrano richiamare invece alle danze da salotto ottocentesche (quasi a voler anticipare la quadriglia che solitamente chiude la Zeza di Bellizzi);
5) coro finale con l’incipit "E scusateci cari signori/ ca voi c’avete state a sentire" sui motivi melodici operistici già usati nella seconda parte
C’è da aggiungere che a Bellizzi alla rappresentazione della Canzone di Zeza fa sempre seguito, come già ricordato, il ballo della quadriglia che però non è qui documentato (si veda invece Bellizzi 1973, la raccolta è linkata sopra).

(143-143A, 108776)

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