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Archivio Sonoro

Mimmo Ferraro

Mimmo Ferraro

Giovedì, 07 Giugno 2018 22:48

17 Zompariello

Giovedì, 07 Giugno 2018 22:41

16 Novena cantata

Giovedì, 07 Giugno 2018 22:33

14 Novena, Tu scendi dalle stelle

Giovedì, 07 Giugno 2018 22:30

13 Intervista a Luigi Lapadula (II parte)

Giovedì, 07 Giugno 2018 22:27

12 Novena

Giovedì, 07 Giugno 2018 22:23

11 Intervista a Luigi Lapadula (I parte)

Giovedì, 07 Giugno 2018 13:27

000 Cosimino Surdo

Nelle case salentine dei contadini e della gente modesta il braciere acceso nel mezzo della stanza era l’unico mezzo per scaldarsi e per scaldare l’ambiente durante le lunghe e fredde sere d’inverno. Intorno a questo punto centrale si sedevano a cerchio i padroni di casa e gli amici del vicinato venuti a trovarli per passare il tempo e fare due chiacchiere. Da questo fuoco si irradiava in tal modo calore e affetto. Così era nella casa di tutti e così era anche a casa di Cosimino Surdo.
Cosimino era contadino di famiglia contadina. Era sposato ed aveva due figli uno maschio e una femmina. Aveva una sorella, Assuntina, che a sua volta era sposata con Liborio Coppola, contadino anche lui, con una figlia che si chiamava Pina e faceva la sarta. Tutti cantavano.
La vita di Cosimino scorreva tranquilla: casa campagna casa. Prima di cena magari un salto in piazza a scambiare una parola con qualche amico o risolvere qualche problema inerente al lavoro. Poi un giorno decisi di andarlo a trovare e gli scombinai la vita.
La mattina dopo un'indimenticabile serata passata in casa sua in compagnia della sua famiglia e dei suoi vicini,  in cui ebbi modo di scoprire in Cosimino uno dei cantori più vivaci, estroversi e autentici di quanti ne avessi mai incontrati e conosciuti, venne a trovarmi in casa, umilmente,  per portarmi un po' di uova fresche, un po' di verdura, ringraziarmi dell’onore che gli avevo dato andando in casa sua e chiedermi se potevo cercare a Roma per lui un certo flauto di cui aveva bisogno.
Passò il tempo. Tanto tempo, durante il quale Cosimino diventò uno dei personaggi più ricercati da tutta quella pletora di persone che, a causa della moda imperante nella seconda metà degli anni Settanta e Ottanta, lo usarono brutalmente illudendolo e portandolo in giro per università e piazze e mettendolo davanti alle camere da presa per documentari mordi e fuggi.
Credette Cosimino di essere diventato una star. Gli insinuarono nella mente che la televisione sarebbe stata la sua meta finale e quindi il successo, la ricchezza.
Quando, qualche anno dopo il nostro primo incontro, andai a chiedergli il permesso di pubblicare su disco alcuni suoi canti mi disse di no. Trovai un’altra persona. Dovevo dargli milioni, altrimenti niente, mi disse.
Nei miei dischi di Albatros infatti non appare nessun documento riferito a Cosimino Surdo.
Quando molti anni dopo si decise di dare alle stampe con Aramirè il terzo volume di Musiche e canti popolari del Salentoritornai a trovare Cosimino nella sua casa. Il tempo era passato ma io non avevo mai smesso di vederlo negli anni precedenti.
Era invecchiato, solo. Nessuno più lo andava a trovare. Appena mi vide mi venne incontro appoggiandosi ad un bastone e mi abbracciò.  Mi ringraziò di essere ritornato da lui. Voleva cantare per me.  Dirmi cose. Farmi sentire i suoi versi.
Gli chiesi nuovamente quel permesso che un tempo mi aveva negato. Mi rispose che io potevo fare di lui e delle sue cose tutto quello che avrei voluto.
Quando, qualche tempo dopo, andai a trovarlo per portargli il disco appena uscito lo trovai seduto nel cortile della sua casa, immobile. Senza sorriso. Quasi completamente sordo. Il figlio, allora militare,  mi disse che ormai non stava bene e che tutte le notti si svegliava di soprassalto  e seduto sul letto, imprecava contro Tizio e Caio, facendo nomi e cognomi reali, accusandoli di averlo derubato con i loro registratori delle sue canzoni e della sua poesia.
Ora Cosimino ci ha lasciati. In questa monografia però sono riportati, in onore dell’estro dell’antico cantore popolare Cosimino e di tutti gli altri, i documenti raccolti in quella prima serata d’inverno a Calimera.

Giovedì, 07 Giugno 2018 13:24

000 Canzoni alla rovescia

Sono canti in cui viene espresso, ormai inconscio, il desiderio di rompere l’ordine razionale delle cose e di ricostruirle nel modo più occasionale come se nulla fosse.
Nascondono di solito l’insofferenza per la vita quotidiana, piena di fatiche e pene, del contadino che è legato alla terra in modo quasi fatale.
Questi canti sono una sequenza di bugie.

Giovedì, 07 Giugno 2018 13:21

000 Canti satirici e d’amore

L’area del Salento è particolarmente ricca di canti d’amore. Sono tanti quanti i fiori coloratissimi che spuntano spontanei in un campo a primavera.
Se i morolòja sono canti espressamente femminili, i canti d’amore sono espressione prettamente maschile. Pochissimi sono i canti in cui l’io narrante è una donna. Si direbbe che il salentino sia uomo particolarmente sensibile ed estroverso. Non è esattamente così. Se è lui a crearli è lei molto spesso a cantarli. Quando canta il maschio è perché si nasconde dietro la formalizzazione delle occasioni (serenate, feste, vendemmia ecc.) quando canta la donna invece è molto più libera e non ha bisogno di paraventi. Canta mentre lavora e canta a casa, quasi naturalmente, come gli uccelli, appropriandosi dei canti maschili in una sorta di autocompiacimento con la mente rivolta all’amante che lei immagina le dica le parole del testo.

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