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Archivio Sonoro

Mimmo Ferraro

Mimmo Ferraro

Lunedì, 28 Maggio 2018 18:19

000 Cannole

“Le ragazze del Novecento”: così amano chiamarsi sette donne fra i cinquanta e i settanta anni di Cannole. Cantano insieme per tanti motivi: si divertono, passano il tempo, si sono ricavate uno spazio di autonomia e in ultimo perché sono fermamente convinte che cantare e ricordare le renda protagoniste di una memoria non antica ma contemporanea. Per loro cantare e stare insieme è un’attività ludica che procura gioia e piacere; un tempo della memoria quotidiana in cui il cantare fa parte del loro esserci. Senza crisi di presenza e senza memoria spezzata o rifiutata come cattivo passato.

Lunedì, 28 Maggio 2018 18:13

000 Calimera

Le registrazioni realizzate a Calimera risalgono agli inizi degli anni Settanta e fatte con un piccolo registratore a cassette. Molto del materiale registrato in quel periodo è andato perso per incuria e perché molti nastri si sono smagnetizzati. Pochi i materiali d’archivio rimasti. Tre canti di Cosimino Surdo. Eccezionale suonatore di tamburello, Cosimino era anche uno degli ultimi cantori della Passione in grico. Istrione e ironico sapeva deliziare con brindisi e barzellette che irridevano i potenti di turno.

Lunedì, 28 Maggio 2018 18:10

000 Aramirè compagnia di musica salentina

Si costituisce come compagnia di musica salentina nel settembre del 1996 con alcuni dei componenti che hanno avuto già esperienze nel Canzoniere di Terra d’Otranto e nel Canzoniere grecanico salentino. Attingendo per il suo repertorio dall’archivio di Luigi Chiriatti, si propone di coniugare gli aspetti estetici e culturali della tradizione con le sue componenti politiche e sociali. 
La formazione: Roberto Raheli (voce, chitarra, armonica, violino), Sandro Girasoli (voce, fisarmonica), Antonio Castrignanò (tamburello, voce), Luigi Schito, (organetto, voce), Mauro Toma (chitarra, voce) e Luigi Chiriatti (tamburello, voce).
Lo spettacolo è stato registrato a Copertino durante la festa del Partito Democratico il 14 ottobre 2000.  

Lunedì, 28 Maggio 2018 17:57

000 San Giovanni Rotondo

La raccolta contiene una serie di documenti rilevati tra il 2007 e il 2009, con testimonianze sulle serenate e le occasioni di musica e ballo sociale di una cultura agro-pastorale. Sono presenti varie registrazioni delle forme di accompagnamento musicale utilizzate nelle serenate e nelle feste  per il ballo della tarantella: la zumparellë e la cerignulanë (forme in maggiore), la cannëllesë (forma in minore). Tra le rilevazioni, si trova l’esecuzione di una parte della lëccëseddë (o sunettë), parte centrale e fulcro della serenata: questo canto a distesa, con lunghe note tenute e passaggi melismatici, era di solito eseguito da due cantori su accompagnamento della sola chitarra battente. La registrazione presente in raccolta, è una delle ultime esecuzioni del maestro e riferimento della cultura locale Francesco Crisetti, che eseguiva ancora con pregevole tecnica ed eccezionale intenzione questo canto, anche dopo aver superato il secolo di vita. 
Gli strumenti del repertorio tradizionale di San Giovanni Rotondo erano la chitarra battente, l’organetto diatonico a otto bassi, tamburo a frizione, castagnette e il tamburello. Tuttavia, molti canti e filastrocche rilevati, erano accompagnati da strumenti moderni come la fisarmonica, la chitarra e il mandolino; molti di questi sono eseguiti dalla sola voce senza accompagnamento e non compaiono nelle rilevazioni storiche che riguardano quest’area.
Oltre alle testimonianze sui repertori appartenuti a pastori e contadini, di notevole interesse è la testimonianza di Tobia Russo, un barbiere che racconta le serenate portate dalla sua squadra di piccoli artigiani, e dell’esperienza della sua bottega, scuola di musica e zona di contatto tra il mondo popolare e quello popolaresco, che nel secolo scorso si sono contaminati notevolmente in questi luoghi di confine. A differenza dei repertori di pastori e contadini, il repertorio popolaresco di cui parla il barbiere, poteva contenere, oltre alle tarantelle tradizionali, anche classici della musica napoletana, subentrati nelle serenate a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, con l’utilizzo di strumenti come la fisarmonica, il mandolino e la chitarra.
La raccolta include anche due interviste realizzate a delle donne che hanno ricevuto serenate. La visione femminile, seppur limitata e ridotta a due sole informatrici, fornisce una prospettiva differente da quelle più comuni degli esecutori: innanzitutto “dall’interno” rispetto a quella tutta esterna degli esecutori, e da destinatarie delle serenate.
A San Giovanni Rotondo i testi del repertorio tradizionale sono chiamati strapulettë, endecasillabi che fanno riferimento alla forma poetica dello strambotto. Le strapulettë potevano essere d’amore e di scontro, in base alle esigenze. Se le strapulettë d’amore erano utilizzate nel corteggiamento delle serenate d’amore, quelle di scontro venivano cantate a donne che avevano rifiutato o illuso un pretendente. Inoltre, le strapulettë di scontro potevano essere rivolte anche a padri troppo gelosi o a rivali in amore.
La serenata, a San Giovanni Rotondo, aveva una struttura esecutiva definita e imprescindibile: doveva iniziare con il permesso, continuare con strapulettë d’amore, eseguire la parte centrale (la lëccëseddë), e infine si cantavano strofe di commiato. Il repertorio offre una serie di testi congeniali a varie situazioni sentimentali, utilizzati all’uopo dagli esecutori più esperti. Nelle rilevazioni si trovano molteplici esempi di queste parti della serenata d’amore, eseguite e commentate dagli informatori.
Degno di nota è anche il repertorio di strapulettë di scontro usato tra le due categorie che utilizzavano queste forme musicali a San Giovanni Rotondo: contadini e pastori. Dalle rilevazioni è emerso che tra i due suddetti gruppi c’era una goliardica rivalità e molteplici stereotipi; affiorano anche distinzioni nette, tra scuole di canto, repertori e luoghi d’esecuzione.
Infine, va ricordata un’altra forma delle serenate, rilevata nell’indagine, e di cui la raccolta include alcuni esempi: le spartenzë. Queste particolari esecuzioni sotto la finestra, erano dedicate dai coscritti in partenza alle proprie fidanzate, o anche dagli amici al giovane soldato che si apprestava a partire per il fronte (o per la leva in tempi di pace).

Lunedì, 28 Maggio 2018 17:44

000 Carpino

Documenti rilevati a Carpino, tra il novembre 2006 e il giugno 2009 ad eccezione di un'intervista ad Andrea Sacco del 2001, con testimonianze sulle serenate e le occasioni di musica e ballo sociale di una cultura agro-pastorale, raccolte dalle voci di alcuni degli esecutori più autorevoli del luogo. La raccolta contiene interviste sulla cultura locale, sugli usi e costumi del corteggiamento e il ruolo che la musica ricopriva per determinati gruppi sociali (principalmente pastori e contadini). Sono presenti varie registrazioni delle forme di accompagnamento musicale utilizzate nelle serenate e nelle feste per il ballo della tarantella: la rudianellë, la rudianë, il canto alla viestesanë, forme di accompagnamento in maggiore; e la mundanarë, forma di accompagnamento in minore. Inoltre, è documentata un’esecuzione della canzonë, la parte centrale e più articolata della serenata di Carpino, ormai del tutto desueta: questo canto a distesa, con lunghe note tenute e passaggi melismatici, era di solito eseguito da due cantori su accompagnamento della sola chitarra battente, a volte, tuttavia, si introducevano anche passaggi sui bassi della chitarra francese come abbellimento negli interludi strumentali.
Gli strumenti utilizzati nel repertorio carpinese contraddistinguono una sorta di “impronta sonora” del luogo: la chitarra battente di Carpino, strumento principe della tradizione, e la chitarra classica o folk, denominata francese per distinguerla dalla battente. Nelle serenate non erano presenti percussioni, come emerge dalle interviste agli esecutori: il tamburello e le castagnette erano utilizzati esclusivamente nell’accompagnamento alla danza.
La serenata a Carpino, come in altri luoghi del Gargano, aveva una struttura esecutiva ben definita e imprescindibile: doveva iniziare con il permesso, continuare con sonetti d’amore, eseguire la parte centrale della canzonë, le scuse, e infine la buonasera (il saluto finale). Il repertorio offre una serie di testi congeniali ai vari momenti, utilizzati all’uopo dagli esecutori più esperti. Nelle rilevazioni si trovano molteplici esempi di queste parti della serenata d’amore, eseguite e commentate dagli informatori.
A Carpino i testi del repertorio tradizionale sono chiamati sunettë (sonetti), ma non vanno intesi nel senso classico e colto della definizione di sonetto, piuttosto, fanno riferimento allo strambotto, più diffuso nei canti popolari del meridione d’Italia e del Gargano. I sunettë si dividono in due tipologie: sunettë d’amore, utilizzati nelle serenate e sull’accompagnamento al ballo della tarantella, con testi benevoli e amorosi; sunettë di sdegno, denominati anche stramurtë, cantati nelle serenate di scontro portate alle ragazze che rifiutavano le attenzioni di uno spasimante, per riscattare in qualche modo promesse non mantenute e torti subiti, o ancora, utilizzati contro rivali in amore. Nella raccolta si trovano diversi esempi di sonetti di sdegno, molteplici spiegazioni sul loro uso, e la loro funzione in alcuni casi determinante, nelle dispute violente e nella soluzione di conflitti.

 

Documenti rilevati da Giovanni Amati e Annamaria Bagorda, tra il 2003 e il 2007, in un'area caratterizzata da una considerevole presenza di "mastri" suonatori di strumenti a corda di fascia artigiana, che hanno contribuito a preservare repertori e stili musicali, salvaguardando la funzione ludica e di aggregazione del fare musica. Esito non trascurabile della raccolta, la persistenza d'uso della chitarra battente, diffusa capillarmente in tutta l'area fino agli anni '60 del secolo scorso. 

Lunedì, 28 Maggio 2018 17:32

000 Martino Carbotti e famiglia

Martinë a rutellë, allevatore, agricoltore e trainiere nato a Martina Franca il 19 marzo del 1929 e da poco deceduto, era un eccezionale suonatore di organetto, molto ricercato per le serenate e la questua delle uova oltre che per l'accompagnamento del ballo. Impegnato, sia pure occasionalmente, fino agli anni '60 del 1900 nella musicoterapia del tarantismo, viveva con la famiglia in una masseria nelle campagne di Martina Franca (Ta) in un'area situata nell'entroterra della Murgia Sud-Orientale tra Villacastelli (Br), Ceglie Messapica (Br) e Grottaglie (Ta) dove ancora oggi la musica tradizionale ha un ruolo fondamentale in occasioni rituali e festive. La tradizione di famiglia, che dura ormai da diverse generazioni, prosegue in parte con i figli Rosa, Giuseppe e Antonio, eccellenti cantatori, e soprattutto con la moglie Lucia Parisi, Cioddë dë curnacchijë, proveniente allo stesso modo da una famiglia di cantori ed esecutori tradizionali. 
L'assidua frequentazione di Martino e della sua famiglia ha permesso a Giovanni Amati e Annamaria Bagorda di documentare un "agire musicale" familiare di straordinario interesse che perdura in situazioni di convivialità. La raccolta contiene documenti che vanno dal 2004 al 2009 e altre registrazioni fatte dallo stesso Martino tra gli anni '70 e '80.

Lunedì, 28 Maggio 2018 17:24

000 L'organetto nella Valle d'Itria

Le comunità locali, in particolare dei paesi dell'entroterra e delle contrade rurali, della valle D'Itria, nel cuore della Murgia Meridionale, conservavano fino a pochi decenni addietro una ricca e articolata pratica strumentale oggi ridotta essenzialmente all’organetto tuttora in uso in occasioni rituali e festive. Nonostante la sua recente diffusione, avvenuta dopo la metà del 1800, rappresenta oggi lo strumento emblema della cultura musicale delle locali comunità di origine agropastorale, raccogliendo l’eredità di altri strumenti preesistenti caduti in disuso; negli ultimi anni, si assiste tra l’altro, ad una insperata ridiffusione dell’uso di questo strumento tra i giovani. Attualmente, l’organico strumentale più diffuso nella zona è composto da organetto e tamburello, ai quali possono aggiungersi altri strumenti a percussione come la castagnola monocoppia e alcuni oggetti sonori.
Suonatori di organetto e tamburello sono presenti ancora nei paesi e nelle contrade, i più anziani ricordano che anticamente quasi ogni famiglia aveva uno o più suonatori, a conferma  della grande ricchezza e varietà delle occasioni in cui il ballo e il canto tradizionali erano presenti.
Pur non essendo uno strumento autoctono, l’organetto (in dialetto arionettë, rionettë, rëcunettë, argonettë, arëcunettë, aricunetta, armonëca, jiottë bassë, argunettë) ha conosciuto una rapida e capillare diffusione tra i suonatori delle comunità agropastorali fin dalla sua recente comparsa avvenuta alla fine dell'ottocento.
Ha mutuato il repertorio del canto del quale segue in genere le linee melodiche, e progressivamente ha affiancato o sostituito altri strumenti preesistenti creando un proprio stile esecutivo. 
L’organetto viene utilizzato sia per accompagnare il canto, pratica tuttora viva nelle serenate (matinate), nella questua del Sabato Santo e in situazioni conviviali per la musica per la danza. Durante il rito coreo- musicale del tarantismo, fenomeno socio-culturale che ha molto influenzato la cultura tradizionale locale, veniva accompagnato dal tamburello, da altri strumenti ritmici e dalla chitarra battente; a sua volta nelle formazioni ingaggiate per la meloterapia del tarantismo accompagnava o sostituiva il violino.
Ha ereditato dalla fine dell’ottocento i vari stili di pizzica pizzica e tarantelle terapeutiche ed è stato il maggior veicolo d’importazione dei balli ottocenteschi dagli ambienti aristocratici, passando per il ceto intermedio degli artigiani,si diffondevano nelle campagne. 
Il modello attualmente più diffuso in tutta l’area della Murgia Meridionale è quello a otto bassi, spesso sostituito negli ultimi 30 anni dai modelli a due e quattro bassi.

Lunedì, 28 Maggio 2018 17:13

000 Le voci della Valle d'Itria

Anna Palmisano e Maria Cardone sono due straordinarie cantatrici della Contrada Lamie di Olimpia, che si trova tra Locorotondo e Fasano. Le abbiamo conosciute durante una rappresentazione di fine carnevale in contrada Marinelli mentre cantavano e ballavano in una festa organizzata dagli abitanti della contrada in cui eravamo stati invitati a suonare.
Nate e cresciute insieme in Contrada Franceschiello, poco lontana da dove vivono attualmente, contrada che, come energicamente affermano, quando loro erano giovani era una vera e propria roccaforte di suonatori e cantatori. Nel nostro recente passato, infatti, ciascuna contrada rappresentava un bacino di microculture proprie ed orgogliosamente rivendicate, nonostante le brevi distanze che le separavano. 
Dai racconti degli abitanti della zona, talvolta dai contorni quasi leggendari, si evince come Franceschiello fosse una contrada estremamente legata alla pratica musicale: frequentissime erano infatti le occasioni di canto, che accompagnavano tutti i momenti quotidiani, le serenate e le feste da ballo domestiche.
Le signore Anna e Maria sono depositarie ed eccezionali esecutrici di un vasto ed eterogeneo repertorio che include canti sul lavoro, canti religiosi e di questua, ninne nanne, canti narrativi, storie di santi, canti sull'organetto, repertori legati al ballo, proverbi e formalizzati orali. Durante le esecuzioni è comunque palese come il ruolo di ricordare e dirigere le esecuzioni sia prevalentemente affidato ad Anna a cui è riconosciuta un'ottima memoria oltre a una bella voce, alle competenze tecniche e stilistiche. 
La signora Anna è dotata di un'eccezionale carisma e rappresenta una figura di spicco nella sua comunità, all'interno della quale gode di un notevole prestigio sociale; era sposata con Leonardo Pinto, suonatore di organetto purtroppo oggi scomparso, con cui ha partecipato attivamente per molti anni alle manifestazioni organizzate da appassionati locali, con lo scopo di valorizzare la musica tradizionale, in cui erano presenti gli allora numerosi suonatori e cantatori locali. 
Nonostante abbia superato gli ottant'anni, oggi Anna, vero e proprio albero di canto e di saperi, continua, con la sua invidiabile forza d'animo e superando sempre con tenacia le difficoltà della vita, a partecipare alla questua del Sabato Santo e ad occasioni in cui è richiesto il canto e le competenze legate alle molteplici forme della cultura locale.
E' presente, in compagnia di altre cantatrici e suonatori coetanei o insieme a noi giovani appassionati, a molte occasioni in cui si pratica la musica tradizionale, manifestando in maniera determinata il bisogno e la voglia di condividere i propri saperi e riuscendo sempre a conquistarsi, senza imposizione, il ruolo di guida, fiera e orgogliosa del suo bagaglio di esperienze, di cui riconosce il grande valore.

A Toritto (Ba), paese alle falde dell'Alta Murgia, la notte dell'antivigilia di Natale gruppi di suonatori e cantatori animano la questua dei "fornai": arrivati nei pressi della famiglia alla quale è destinato l'omaggio sonoro, posizionandosi ai crocicchi delle strade d'intorno, impregnano il paesaggio sonoro con "il grido" utilizzato dai garzoni dei forni per avvisare le massaie che il forno era caldo e si potevano dunque portare il pane e gli alimenti che si desiderava cuocere. 
Secondo i racconti di Vito Lisi, decano dei fornai e vero e proprio albero di canto del paese, la questua risale ai primi anni del 1900, quando ai garzoni, si aggiunse un suonatore di chitarra battente, che utilizzando una tarantella, di chiaro tema amoroso, ancora individuabile nei repertori, chiedeva in cambio dolci da portare ai suoi figli, non potendo, in quanto vedovo ed estremamente povero, procuragliene in altro modo per festeggiare il Natale. Fino agli anni '60 del 1900 il canto era infatti accompagnato dalla chitarra battente, affiancata e successivamente sostituita dalla chitarra francese, a cui si è aggiunta la fisarmonica. 
La tradizione è molto sentita e si assiste ad un rinnovato interesse anche tra alcuni giovani che stanno apprendendo il repertorio tradizionale, rinnovando la trasmissione generazionale, che nonostante un periodo di crisi, non è mai stata interrotta: sono infatti presenti cantatori di tutte le età, depositari di repertori di canto di una vastità ed arcaicità sorprendenti. Il fermento inizia intorno a Santa Lucia in cui le compagnie cominciano a vedersi per "accordarsi" in un clima di convivialità e, allo stesso tempo, ristabilendo, più o meno tacitamente, le gerarchie interne al gruppo.

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