La raccolta contiene una serie di documenti rilevati tra il 2007 e il 2009, con testimonianze sulle serenate e le occasioni di musica e ballo sociale di una cultura agro-pastorale. Sono presenti varie registrazioni delle forme di accompagnamento musicale utilizzate nelle serenate e nelle feste per il ballo della tarantella: la zumparellë e la cerignulanë (forme in maggiore), la cannëllesë (forma in minore). Tra le rilevazioni, si trova l’esecuzione di una parte della lëccëseddë (o sunettë), parte centrale e fulcro della serenata: questo canto a distesa, con lunghe note tenute e passaggi melismatici, era di solito eseguito da due cantori su accompagnamento della sola chitarra battente. La registrazione presente in raccolta, è una delle ultime esecuzioni del maestro e riferimento della cultura locale Francesco Crisetti, che eseguiva ancora con pregevole tecnica ed eccezionale intenzione questo canto, anche dopo aver superato il secolo di vita.
Gli strumenti del repertorio tradizionale di San Giovanni Rotondo erano la chitarra battente, l’organetto diatonico a otto bassi, tamburo a frizione, castagnette e il tamburello. Tuttavia, molti canti e filastrocche rilevati, erano accompagnati da strumenti moderni come la fisarmonica, la chitarra e il mandolino; molti di questi sono eseguiti dalla sola voce senza accompagnamento e non compaiono nelle rilevazioni storiche che riguardano quest’area.
Oltre alle testimonianze sui repertori appartenuti a pastori e contadini, di notevole interesse è la testimonianza di Tobia Russo, un barbiere che racconta le serenate portate dalla sua squadra di piccoli artigiani, e dell’esperienza della sua bottega, scuola di musica e zona di contatto tra il mondo popolare e quello popolaresco, che nel secolo scorso si sono contaminati notevolmente in questi luoghi di confine. A differenza dei repertori di pastori e contadini, il repertorio popolaresco di cui parla il barbiere, poteva contenere, oltre alle tarantelle tradizionali, anche classici della musica napoletana, subentrati nelle serenate a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, con l’utilizzo di strumenti come la fisarmonica, il mandolino e la chitarra.
La raccolta include anche due interviste realizzate a delle donne che hanno ricevuto serenate. La visione femminile, seppur limitata e ridotta a due sole informatrici, fornisce una prospettiva differente da quelle più comuni degli esecutori: innanzitutto “dall’interno” rispetto a quella tutta esterna degli esecutori, e da destinatarie delle serenate.
A San Giovanni Rotondo i testi del repertorio tradizionale sono chiamati strapulettë, endecasillabi che fanno riferimento alla forma poetica dello strambotto. Le strapulettë potevano essere d’amore e di scontro, in base alle esigenze. Se le strapulettë d’amore erano utilizzate nel corteggiamento delle serenate d’amore, quelle di scontro venivano cantate a donne che avevano rifiutato o illuso un pretendente. Inoltre, le strapulettë di scontro potevano essere rivolte anche a padri troppo gelosi o a rivali in amore.
La serenata, a San Giovanni Rotondo, aveva una struttura esecutiva definita e imprescindibile: doveva iniziare con il permesso, continuare con strapulettë d’amore, eseguire la parte centrale (la lëccëseddë), e infine si cantavano strofe di commiato. Il repertorio offre una serie di testi congeniali a varie situazioni sentimentali, utilizzati all’uopo dagli esecutori più esperti. Nelle rilevazioni si trovano molteplici esempi di queste parti della serenata d’amore, eseguite e commentate dagli informatori.
Degno di nota è anche il repertorio di strapulettë di scontro usato tra le due categorie che utilizzavano queste forme musicali a San Giovanni Rotondo: contadini e pastori. Dalle rilevazioni è emerso che tra i due suddetti gruppi c’era una goliardica rivalità e molteplici stereotipi; affiorano anche distinzioni nette, tra scuole di canto, repertori e luoghi d’esecuzione.
Infine, va ricordata un’altra forma delle serenate, rilevata nell’indagine, e di cui la raccolta include alcuni esempi: le spartenzë. Queste particolari esecuzioni sotto la finestra, erano dedicate dai coscritti in partenza alle proprie fidanzate, o anche dagli amici al giovane soldato che si apprestava a partire per il fronte (o per la leva in tempi di pace).
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