
Mimmo Ferraro
05 E moj ti lula ç’bënet ndë gusht
04 Rrukullisu si kupani
03 Moj ti pula këmbaleshe
01 Ti le finestren hapt e u erdh’e hira
00 Fondo Bellusci
La parte lucana dell'Archivio di Antonio Bellusci comprende registrazioni sul campo effettuate su bobina magnetica a San Costantino Albanese (PZ) negli anni della sua permanenza in paese dove, dal 1965 al 1973, fu anche parroco di questa comunità italo-albanese e promosse diverse iniziative culturali, scientifiche e divulgative. Appartengono al fondo sia canti sacri che profani, eseguiti in tempi differenti da diversi gruppi. Delle ricerche effettuate in questa comunità si ha traccia anche in alcune pubblicazioni, tra cui numerosi articoli apparsi sulle riviste Vatra Jone e Lidhja e la Raccolta di canti tradizionali albanesi. Canti sacri, del 1971, riedita nel 1990 a Cosenza col titolo Canti sacri tradizionali albanesi raccolti a San Costantino Albanese, Santa Sofia d’Epiro e in alcune comunità albanesi di Grecia e trascritti in musica.
000 Tra organetti e saltarelli
Le registrazioni, realizzate tra il 1976 e il 1977 nei comuni di Monsano e Jesi, in provincia di Ancona, e di Apiro, in provincia di Macerata, hanno interessato un nutrito numero di informatori: Nazzareno Accattoli, Nardino Bendomenico, Settimio Bianchesi, Anacleto Carletti, Pasqualino Ciattaglia, Nazzareno Coacci, Quinto D’Amico, Armando Felici, Dagoberto Ferrari, Arduino Fiordelmondo, Attilio Gobbi e Amerigo Zenobi,
La raccolta riguarda principalmente alcuni usi dell’organetto nelle forme della tradizione orale delle Marche, con brani strumentali di accompagnamento a danze locali come il saltarello, la castellana e la gallinella e altri brani monostrofici in l’esecuzione vocale e lo sviluppo binario si adattano al ritmo del saltarello, con una prevalenza di stornelli di corteggiamento, spesso anche licenziosi.
Sono poi documentate quelle forme in cui l’organetto si affianca al canto nelle questue, notevolmente diffuse in tutto il territorio delle Marche così come nel resto dell’Italia centrale: presenti sia alcuni esempi di pasquella (questua per l’epifania e inizio del nuovo anno) sia alcuni esempi di passione (questua quaresimale e/o primaverile, eseguita sovente a ridosso delle ritualità pasquali, che rimanda alla tradizione medievale delle sacre rappresentazioni).
A chiusura della raccolta un repertorio vario di forme monostrofiche, sia cantate sia recitate, eseguite durante le registrazioni spesso a intramezzo delle forme strumentali, e che attingono a un repertorio di stornelli per il lavoro e ad uno ancora più vasto di filastrocche, indovinelli, motti, storie e barzellette.
000 La Famiglia Bolletta
Le registrazioni, realizzate tra il 1976 e il 1977 nel comune di Monsano, in provincia di Ancona, hanno coinvolto Bruno Caprara, Luigi Bolletta, Maria Bolletta, Pietro Bolletta, Gina Romanelli e altri componenti della famiglia, non meglio identificati, con una netta prevalenza di Pietro Bolletta, nato nel 1904 a Jesi, in provincia di Ancona, e depositario di un vasto repertorio riguardo molte delle forme tradizionali dell’area, sia quelle legate alla sola esecuzione vocale sia quelle accompagnate da un’esecuzione strumentale, eseguite in questo caso nella sola parte del canto.
Tra I canti narrativi molti sono quelli provenienti dal repertorio tradizionale della ballata epico-lirica insieme ad alcuni più strettamente connessi all’uso dei cantastorie e delle cronache su fogli volanti. Tra le forme monostrofiche sono presenti molti stornelli, sia nelle forme vocali a lungo o a discanto -tipiche delle esecuzioni sul lavoro- sia nelle forme proprie a contesti di festa e danza. Sono presenti anche alcuni brani con temi religiosi –canti di questua e rappresentazioni sacre-, offerti anche in versioni parodistiche.
In coda alle registrazioni una lunga intervista in cui Gina Romanelli descrive numerosi aspetti della vita materiale e di quella rituale in un contesto contadino tradizionale: gli usi legati al matrimonio e al lutto, alcune credenze magiche relative a guarigioni e incantesimi e le tradizioni alimentari legate alle grandi feste del ciclo dell’anno.
Una componente di primaria importanza della raccolta è rappresentata dal repertorio vario di forme monostrofiche per lo più recitate, eseguite durante le registrazioni spesso a intramezzo di esecuzioni più articolate o anche in lunghe sequenze autonome, che presentano un vasto repertorio di filastrocche, indovinelli, motti, storie e barzellette.
000 Canti della filanda e altre storie-Introduzione
A parte la presenza di Camillo Caglini in alcuni brani, tutti i canti, racconti e testimonianze sono raccolti dalla voce di donne che hanno avuto esperienza, diretta o indiretta, del lavoro in filanda: Rosa Berardinelli, Laura Calabresi, Elvira Corsetti, Annunziata Giannotti, Telemaca Gori, Quartina Lombardi, Giuseppina Militoni, Elisa Novelli, Maria Pietrucci, Anita Rocchetti, Maria Romagnoli, Cesira Santarelli.
Il canto delle filandare, al quale Pietrucci ha dedicato nel 1990 il disco Io vado alla Filanda/Gruppo ‘Filandare’ di Jesi, è essenzialmente riconducibile al repertorio del canto narrativo espresso sia nelle forme della ballata epico-lirico tradizionale sia in quelle delle arie di cantastorie e delle cronache su fogli volanti. In questa direzione la raccolta avvalora quanto è altrove affermato, a livello nazionale e internazionale, sull’uso della forma narrativa nel canto in contesti di produzione manifatturiera in contrapposizione alle forme monostrofiche dei contesti agricoli.
Ad un vasto numero di esecuzioni di canti narrativi se ne affianca uno più esiguo di canti esplicitamente legati alle condizioni lavorative della filanda che muovono da una presa di coscienza protestataria seppure attraverso forme espressive spesso legate ad aspetti parodici e scherzosi nel racconto dei rapporti di classe e della vita lavorativa. Tuttavia la maggior parte delle informatrici esprime solitamente una certa riluttanza all’esecuzione o al semplice ricordo di questi brani e dei correlate temi sociali.
Nella raccolta sono presenti anche altre forme espressive della tradizione orale (stornelli sull’aria romana o di corteggiamento, orazioni sacre e canti di questua nella tipologia della passione per i riti pasquali) e un vario campionario di forme monostrofiche, per lo più recitate (filastrocche, indovinelli, motti, storie e barzellette, preghiere e orazioni).
000 Arnaldo Mora-Introduzione
Arnaldo Mora, nato a Francavilla d’Ete (AP) nel 1928, ha svolto l’attività di contadino prima come mezzadro e poi come lavoratore salariato.
Le registrazioni sono state effettuate nel comune di Mogliano (MC), nella frazione di Macina di Mogliano, e nel comune di Corridonia (MC). Arnaldo Mora canta ed è accompagnato quasi sempre da un variegato numero di altri esecutori, parte del proprio gruppo di amici e familiari: Nazzareno Caproli (tamburello, triangolo), Sesto Caproli (nacchere), Lina Marinozzi (voce), Ernesto Massaccesi (voce), Fernando Mora (voce), Nazzareno Pesallaccia (voce, raganella, tamburello), Angelo Pierantoni (organetto), Pietro Rapari (organetto), Nazzareno Saldari (voce), Guido Stizza (tamburello) ed altri non identificati. Arnaldo era infatti solito esibirsi, con alcuni dei suoi amici, in contesti locali: ed è a uno di questi suoi concerti che risale l’incontro con Dario Toccaceli.
Il suo repertorio si sviluppa soprattutto su quelle forme tradizionali che prevedono un accompagnamento strumentale, in particolare organetto (o fisarmonica) e tamburello: numerosi canti per la questua -pasquelle e passioni- tra le quali si possono apprezzare diverse esecuzioni dell’Orologio della Passione e della meno nota Passione per le anime purganti, nonché altri canti legati ai riti della Settimana Santa che si collegano alle rappresentazioni sacre della Passione del Cristo e alla tradizione medievale dei Pianti di Maria. Non mancano però brani esclusivamente strumentali, sia nelle arie classiche per il ballo sia in quelle più prettamente locali del saltarello, della castellana e della ballarella.
La raccolta si caratterizza principalmente per le serie di stornelli, sia nella forma a saltarello o a serenata, con accompagnamento strumentale, sia nelle numerose varianti di stornelli sul lavoro (mietitura, falciatura, potatura, raccolta), su temi che spaziano dal licenzioso al corteggiamento, dal satirico al protestatario, eseguiti spesso in forme alternate, a dispetto e/o a discanto e che nell’uso locale assumono variegate denominazioni: a vatoccu o batoccu, alla cerretanella, a buciarone o vociarone. A completamento della complessa struttura del repertorio di questi informatori si riscontrano alcune esecuzioni di canti narrativi epico-lirici e su aria di cantastorie, canti della leva militare e della prima guerra mondiale, canzoni satiriche e da osteria, proverbi, detti e aneddoti.