I materiali che compongono la serie "Valnerina ternana" sono stati raccolti negli anni Settanta e ruotano attorno all'attività e alle storie di vita dei cantori del Gruppo della Valnerina: Dante Bartolini, Americo Matteucci, Luigi Matteucci, Trento Pitotti, Pompilio Pileri, operai, contadini, antifascisti, riuniti dalla comune esperienza della Resistenza e della militanza nel Partito Comunista Italiano.
Dante Bartolini (1909-1979) ancor prima che come operaio alle Acciaierie di Terni e protagonista delle lotte che vi si svolsero, va ricordato come dirigente di primo piano della guerra partigiana nella Brigata "A. Gramsci" di Terni, col nome di battaglia di "Tito". Americo Matteucci (1919-2005), di Polino, operaio edile, fu sindaco comunista del suo paese per molte legislature; Luigi Matteucci (1925), di Polino, operaio, tra i principali esecutori del repertorio espressivo più antico della zona. Trento Pitotti (1915-1988), originario di Arrone, ha vissuto per diversi anni a Labro (Rieti): operaio, artigiano, manovale e bracciante, partecipa a tutte le lotte operaie del dopoguerra, ed è portatore di un importante repertorio di canti narrativi, canti rituali di questua (passioni, pasquarelle, stornelli per il maggio, canti per la festa di Sant'Antonio), cui si aggiungono numerosi canti della Prima guerra mondiale. Pompilio Pileri (1905-1987), di Polino, pastore, tra i migliori suonatori d'organetto della zona: il suo repertorio, attraverso profondi contatti e analogie con la tradizione espressiva musicale della campagna viterbese e dei Castelli Romani, deriva direttamente dal lavoro svolto (per un approfondimento sulla biografia di questi esecutori si veda A. Portelli, V. Paparelli, La Valnerina ternana. Un'esperienza di ricerca-intervento, Squilibri, Roma 2011).
In totale sono state effettuate registrazioni in 21 località di 7 comuni: Arrone (con le frazioni di Buonacquisto, Caroci, Castel di Lago, Castiglioni, Colle di Maggio, Rosciano, Vallecupa), Ferentillo (con le frazioni di Monterivoso, Fonte della Serpa), Montefranco, Morro (località in provincia di Rieti dove uno degli informatori, da Polino, si era traferito con la famiglia), Collicelli; Labro (località in provincia di Rieti dove uno degli informatori, da Arrone, si era traferito con la famiglia), Polino, Scheggino (in provincia di Perugia, ma attraverso un informatore residente a Terria, comune di Ferentillo), Terni (e Marmore, Papigno, Piediluco).
L'esperienza in Valnerina muove dal presupposto che la ricerca sul campo della musica e della cultura popolare non serva solo a fini di documentazione e di studio, ma sia anche un "intervento" destinato a trasformare la soggettività dei ricercatori, quanto degli interlocutori, e ad influire sul contesto sociale in cui ha luogo l'indagine e da cui scaturiscono le forme espressive, e ciò e ben evidente già nel primo lavoro discografico che da questa ricerca ha avuto origine: La Valnerina Ternana. Una proposta di ricerca-intervento (1972-1975), pubblicato dai Dischi del Sole; senza questa premessa non è possibile accostarsi ai materiali qui presentati e intenderli nella loro pienezza.
La raccolta Valnerina ternana comprende numerose tipologie canore: canti sociali e politici, canti narrativi, parodie, canti a poeta, canti e rappresentazioni rituali. Un discorso a sé merita lo stornello, le cui le principali tipologie sono rappresentate dagli stornelli a saltarello e dagli stornelli di mietitura: la caratteristica principale delle esecuzioni raccolte in questa zona sta nel fatto che, il più delle volte, le differenti tipologie vengono eseguite in maniera alternata e consecutiva, senza soluzione di continuità. Così una serie di stornelli alterna forme accompagnate all'organetto ("a saltarello") e forme a discanto, prive di accompagnamento strumentale. Le forme dello stornello a discanto rientrano a pieno titolo tra gli "elementi propri della 'subarea adriatica'", regione culturale individuata da Roberto Leydi nel 1973, in cui si presentano "tratti strutturali ed esecutivi più prossimi a quelli orientali-meridionali che a quelli settentrionali, […] e soprattutto l'esistenza di un modello di polivocalità del tutto particolare, molto vicina alle forme del discanto medievale" (Canti popolari italiani, Mondadori, Milano 1973, p. 21), come nel caso del canto "a vatoccu", detto localmente anche "a malloppu" o "a patoccu".
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