Questa raccolta contiene registrazioni effettuate il 15 febbraio del 1972 (Martedì Grasso) a Maddaloni (Caserta) dall’etno-fotografa Marialba Russo, accompagnata nell’occasione dal musicista ed etnomusicologo Roberto De Simone. La rilevazione di quel giorno (registrazioni audio e foto), che abbracciò anche il paese di Marcianise (si vedano a tal proposito le raccolte Marcianise1 e Marcianise2), riguardava principalmente i repertori carnevaleschi e in particolare le lamentazioni per la morte di Carnevale, per la prima volta registrate sul campo. Questi materiali, insieme ad altri raccolti negli anni successivi dagli allievi dell’Università di Salerno di Annabella Rossi (guidati da Paolo Apolito), furono poi riuniti e analizzati nel volume Carnevale si chiama Vincenzo, curato da Annabella Rossi e Roberto De Simone. Proprio da quest’ultimo lavoro abbiamo attinto le poche informazioni sui contesti esecutivi e in alcuni casi (più però per Marcianise che per Maddaloni) notizie sugli esecutori stessi.
Dal racconto fatto da De Simone sappiamo ad esempio che in quella giornata a Maddaloni "in più cortili era esposto il feretro di Carnevale morto agghindato con fiori e ortaggi vari". In uno di questi cortili vi era Michela Erbaggio, soprannominata "Fruttella", che allora aveva settantaquattro anni, la quale "suonando il tamburello ballava e cantava intorno al fuoco". Purtroppo, a parte la Erbaggio, non abbiamo al momento notizie e nomi degli altri esecutori, maschili e femminili, coinvolti nelle registrazioni, spesso costituite da brevi frammenti o caratterizzate da frequenti interruzioni. Solo in alcuni casi abbiamo delle esecuzioni più complete. I materiali registrati riguardano, come detto, principalmente le lamentazioni per la morte di Carnevale alle quali si alternano frequentemente momenti sfrenati di canto e ballo sul tamburo (brani 01, 06, 08, 10, 13, 16). Molto singolare è la traccia 13 che raccogli un canto alla cilentana, lamentazioni funebri per Carnevale e in chiusura una famosa canzone napoletana, Scapricciatiello che, come ha sottolineato De Simone, eseguita con accompagnamento del tamburo, nonostante la sua origine popolaresca, "diventava effettivamente popolare per il senso di funzionalità e di reale significato che le veniva conferito in un particolare momento collettivo". Vi sono poi alcune esecuzioni frammentarie della canzone di Zeza (brani 7, 9, 14 e 15), altre cilentane (brani 11, 12 e 17) e si chiude infine con due interessanti brani caratterizzati da voci di venditori alle quali succede una sorta di ritornello, in stile canzonettistico urbano, dall’incipit testuale E chesta nun è voce napulitana (brani 18 e 19).
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