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Archivio Sonoro

000 Annabella Rossi, Madonna del Pollino 1968

Una straordinaria raccolta di registrazioni effettuate da Annabella Rossi al santuario della Madonna del Pollino nel 1968. La sequenza cronologica delle registrazioni permette una ricostruzione dell’intero rituale nei suoi diversi momenti, alternando materiali musicali con testimonianze di fedeli. Per la maggior parte le registrazioni sono riprese audio aperte che documentano il paesaggio sonoro del santuario. La presenza costante, in sottofondo o in primo piano, di voci e suoni sembra dimostrare la centralità della musica che eccede la funzione di accompagnamento e diventa il vero fulcro del rito.
Le interviste restituiscono una notevole complessità antropologica: sono raccontate e commentate, dalle voci dei fedeli, azioni rituali quali sciogliersi i capelli, strisciare con la lingua per terra fino alla statua della Madonna, suonare in chiesa o recare animali vivi davanti al simulacro: un vasto repertorio di pratiche che permettono di risalire a strutture profonde e di identificare commistioni subalterne tra sacro e profano. Le danze e i suoni sfrenati offerti alla Madonna (rinnegati e osteggiati senza esito dalle alte istituzioni cattoliche), contestualizzati in un territorio distinto dalla forte presenza di grotte e fonti d’acqua nei paraggi del santuario, rimandano ad influenze pagane e simbologie arcaiche di possibile origine ellenica ed etrusca. Il viaggio da luoghi più o meno limitrofi per raggiungere il santuario e la salita a piedi sul monte; la nottata passata in ripari di fortuna o davanti al santuario, accompagnata da musiche e balli; il bere e mangiare a viva forza; una straordinaria spinta socializzante e di condivisione totale; i suoni prodotti dai musicisti in maniera continuativa per giorni: tutti questi elementi contribuiscono, con una stimolazione sensoriale prolungata, al raggiungimento di stati di estasi che possono spingere verso la catarsi finale espressa con urla, svenimenti e manifestazioni di giubilo nella processione della Madonna. Annabella Rossi parlava dei pellegrinaggi come di momenti eccezionali e transitori per i pellegrini, teorizzando tre fasi fondamentali: momento magico religioso; momento di svago; momento sociale (Le feste dei poveri, Sellerio, Palermo, 1986, p. 22).
La studiosa ha descritto il pellegrinaggio del 1968 nel testo Le feste dei poveri, probabilmente riascoltando queste registrazioni realizzate sul campo. Narrava che dopo la salita di Mezzana, intere famiglie di fedeli caricate di vettovaglie e tutto l’occorrente per passare la notte, raggiungevano il santuario con un’ora e mezza di cammino a piedi. Giunti in prossimità del santuario, i devoti lasciavano i muli con le vettovaglie e si avvicinano alla chiesa dove compivano tre giri intorno all’edificio intonando il canto della Madonna del Pollino. Poi: "Compiuto il rituale dei giri, i pellegrini, varcano la soglia della chiesa e si dirigono verso la statua della Madonna che è posta su una base fuori dalla balaustra; la chiesa è affollata; molte donne avanzano sulle ginocchia, percuotendosi il petto, alcune, poche, strisciando la lingua per terra. Ogni gruppo cerca di avvicinarsi il più possibile alla statua della Madonna, con la quale inizia un colloquio a volte silenzioso, a volte espresso ad alta voce, esternando commozione e suscitando così la partecipazione dei presenti" (ivi, p. 28). "Durante tutto il giorno è un susseguirsi di devoti che passano davanti alla statua per riverire, celebrare e invocare la Madonna, offrendo somme ingenti di denaro (a volte i risparmi di un intero anno), parlando con l’immagine divina, toccando la veste o strofinando contro di essa panni di familiari sofferenti. Si chiede alla Madonna di guarire da ogni tipo di disturbo e malessere fisico o mentale; i pellegrini si rivolgono all’unica istituzione capace di dare aiuto e curare in quest’area di estrema povertà del meridione d’Italia. Nel pomeriggio si inizia a costruire ripari, capanne per lo più, dove installare materassi e tutto il necessario per trascorrere i due giorni di festa. Si inizia anche ad arrostire la carne che, a seconda del taglio e delle parti dell’animale, denota distinzioni economiche tra i gruppi di persone. Nella nottata ci si ripara, oltre che nelle capanne, anche in chiesa e in casette di pietra limitrofe al santuario realizzate dalle autorità ecclesiastiche; un’azione, questa, riconducibile all’incubatio romana che consisteva nel dormire per terra in santuari dedicati a forze taumaturgiche che nel corso della notte indicavano terapie e guarivano; l’usanza ha un’origine greca ed era praticata per lo più in santuari dedicati ad Esculapio" (ivi, p. 80). 
Proseguendo nella descrizione del pellegrinaggio Annabella Rossi scrive: "All’esterno, nel corso della nottata, molti gruppi ballano tarantelle al suono di cornamuse, tamburelli, e organetti o fisarmoniche. All’alba iniziano le messe e i nuovi pellegrini arrivano e si susseguono fino alle dieci, ora della messa solenne. […] Nel corso della messa solenne, come liturgicamente stabilito, un sacerdote chiamato appositamente, pronuncia un panegirico in onore della Madonna, alquanto generico ma che tuttavia muove a commozione gli astanti quando affronta l’argomento della protezione che esercita la Vergine sugli emigrati" (ivi, p. 30). 
Nella raccolta si trova anche la registrazione della messa solenne, uno dei momenti centrali del rituale, al quale la studiosa dedica ampio spazio nell’analisi epistemologica; inoltre, è documentato l’incanto dei paesi, compiuto tra i comuni contigui per aggiudicarsi il trasporto della statua in processione. Interessante anche la rilevanza data dalla studiosa agli elementi di innovazione e contatto con la cultura egemonica: ad esempio, nei documenti è più volte percepibile la presenza di altoparlanti elettronici che diffondono il canto alla Madonna del Pollino riprodotto da un mangiadischi, registrato e venduto durante la festa dall’esecutore stesso. Tale aspetto sembra aver colpito particolarmente l’antropologa, tanto da apporvi una notevole enfasi nell’analisi testuale de Le feste dei poveri.  
Nell’analisi antropologica di feste e rituali contadini, e in particolar modo nel pellegrinaggio alla Madonna del Pollino, Annabella Rossi riconosceva una chiesa locale lontana dall’opulenza della chiesa egemone, con una "più viva" e radicata cultura cristiana intrecciata a contesti di miseria ed estremo bisogno. Le offerte dei poveri braccianti, degli emigranti, denotano per la studiosa una sorta di riscatto, la possibilità, nel tempo e nello spazio eccezionali del santuario e della festa, di potere per un giorno donare e privarsi di un bene, di offrire a chi ha di più senza turbamenti. Il contesto non è quello dello sfarzo, "delle cupole slanciate, degli affreschi, dei cardinali e dei vescovi vestiti di sete e ricami, ma piccole chiese immerse nei boschi, santi scolpiti in maniera rozza, sacerdoti che parlano il dialetto e indossano tonache malandate”. Molte azioni e formule rituali, come ad esempio l’ingresso di capre in chiesa e l’esecuzione di tarantelle sfrenate davanti alla statua della Madonna, non saranno approvate dal clero "alto", ma rendono il cattolicesimo popolare più vicino alle comunità locali, qualcosa di "estremamente rassicurante", empatico e alla pari con i fedeli (ivi, pp. 86, 146). 
Raccolta 28-29, 108705 e 108706.

  • Genere: Audio