Il calendario agricolo scandisce i momenti rituali tradizionali della civiltà contadina. Gli eventi rituali del mondo popolare, connessi al ciclo della natura che nasce, muore e rinasce, sintetizzano il ciclo vitale dell'uomo; su di essi e sul loro modo di manifestarsi il cristianesimo ha agito profondamente pur se elementi anteriori sopravvivono in alcuni riti nella loro configurazione arcaica.
Nel calendario agricolo tradizionale si individuano le seguenti periodizzazioni:
- ciclo del solstizio d'inverno (Natale, Epifania, Festa di Sant'Antonio Abate, Carnevale)
- ciclo della Settimana Santa
- feste di maggio e feste dell'estate
Nella scansione rituale si collocano anche le feste patronali e le feste dei vari santuari.
Il periodo invernale, che dalle feste solstiziali conduce all'equinozio primaverile, è caratterizzato da cerimonie di segno diverso: alcune orgiastiche, come il carnevale e la mezzaquaresima, altre purificatorie e penitenziali come la Candelora, il mercoledì delle Ceneri e la Quaresima; altre che rammentano, come Sant'Antonio, antichi riti per propiziare gli dèi preposti alla fecondità e alla fertilità.
Riti ed usanze che, provenienti dalle arcaiche religioni italiche, celtiche ed orientali, sono sopravvissuti all'opera di evangelizzazione della Chiesa. Il lungo periodo che preludeva alla primavera, ovvero all'antico capodanno nell'arcaica religione romana, era segnato da cerimonie per purificare uomini, animali e campi e per favorire, propiziando gli dèi, il rinnovo del cosmo.
La festa di Sant'Antonio Abate, 17 gennaio
Il 17 gennaio, con la festa di Sant'Antonio Abate, si apre il ciclo di carnevale e le rappresentazioni, che ancora oggi si svolgono in Abruzzo, evidenziano una genuina testimonianza della tradizione giullaresca legata al periodo del carnevale. La figura di santo anacroneta presentataci dai motivi agiografici e religiosi, anche per la concomitanza con l'apertura del carnevale, viene stravolta dalla letteratura burlesca di origine e gusto popolaresco. Le vicende della vita agiografica, le leggende medievali a lui connesse con gli elementi del fuoco e del maialino ed il ciclo del carnevale, formano il momento rituale tradizionale più sentito nella civiltà contadina abruzzese; una celebrazione collettiva di valori riconosciuti in cui risalta il carattere non trascendente ma umano della religiosità popolare.
La questua
La pratica questuante, ossia l'atto di portare la questua di casa in casa dalle squadre (gruppi) di cantori e suonatori, rappresenta uno degli aspetti rituali tra i più vivi e radicati in Abruzzo attraverso cui si celebrano il capodanno, l'epifania, Sant'Antonio Abate ed il giovedì santo.
Un tempo la questua per Sant'Antonio, che durava cinque-sei giorni sino al 17 di gennaio, rappresentava per la squadra l'occasione di raccogliere beni alimentari di reale valore economico; in pratica vi era lo scambio tra i poteri magico-propiziatori portati dalle squadre di suonatori e l'offerta di beni alimentari (salsicce, formaggio, uova e galline), oggi mutata in piccole somme di denaro, elargita dai padroni di casa oltre ad un rinfresco.
I testi poetici e le musiche dei canti per Sant'Antonio Abate
I motivi tematici presenti nel canto E la donna bonë cristianë - brano tra i più rappresentativi del repertorio dedicato al santo - ci rimandano alla Historia Sancti Antoni, storia medievale che, contenuta nel Codice Corsiniano del 1485 e pubblicata dal Monaci, forse composta agli inizi del trecento da un giullare della Lombardia per edificazione e diletto dei conterranei suoi, giunse in Abruzzo.
Da qui derivano le analogie con i motivi comici e burleschi inerenti i sotterfugi con cui Sant'Antonio sconfigge il diavolo. La Historia Sancti Antoni risulta da una contaminazione della biografia classica con le leggende medievali appartenenti al ciclo delle novelle e dei fabliaux; il diavolo travestito da donzella, il bambino concepito nel peccato e promesso a lo nemico, le vicende da portinaio dell'inferno, i diavoli che piangono per le percosse e tutte le altre furberie del santo, sono gli elementi che ritroviamo ancor oggi nei testi largamente diffusi in E la donna bonë cristianë.
La figura del santo che emerge nei diversi canti è pervasa da sentimenti religiosi di grande devozione e di rispetto, come pure da un clima tipicamente giullaresco che rimanda alla cultura popolare medievale dove spesso valori ed immagini della cultura religiosa ufficiale volgono al grottesco e alla parodia.
Alcuni canti, invece, ci rimandano all'orazione In onore di Sant'Antonio diffusa dai diasillari di Campli lungo il versante orientale del Gran Sasso (zona teramano-pescarese) o all'orazione de Il miracolo del glorioso Sant'Antonio da Padova il cui testo trovò diffusione su foglio volante stampato dal Premiato Stabilimento Tipografico Giuseppe Campi di Foligno. Nell'immaginario contadino le due figure religiose (S. Antonio Abate e S. Antonio da Padova) si sovrappongono: alcune squadre, infatti, per l'occasione del 17 gennaio eseguono indistintamente i canti riferiti all'uno o all'altro santo.
Vi sono poi canti in cui si omette la narrazione o si fanno brevi cenni all'eremitaggio o si descrivono unicamente gli aspetti burleschi.
La quasi totalità dei canti presenta nel testo poetico una traccia cronologica esecutiva/espositiva così schematizzata:
- saluto della compagnia e presentazione del fatto che si sta per narrare;
- illustrazione della vita penitente e contemplativa del santo
- tentazioni e vittoria del santo
- questua con richiesta di beni alimentari
- commiato con benedizione, saluti ed auguri
Le musiche
Una particolarità dei canti di questua di Sant’Antonio - come per il canto del giovedì santo - è quella di poter intonare le strofe su due differenti modi esecutivi: la doppië e la sdoppië. Il modo doppië si caratterizza per l'andamento più lento e per lo sviluppo strofico con ripetizioni degli ultimi due versi o distici; il modo sdoppië si basa su un ritmo terzinato più veloce e la strofa poetica non subisce dilatazioni nella fase esecutiva. Le squadre scelgono il modo esecutivo da adottare in base al tempo che vogliono dedicare di volta in volta alle visite: "cchiù facemë prestë a candà e cchiù casë ggiremë!".
I canti sono eseguiti su ritmi binari puntati o su ritmi ternari. Le strofe subiscono nell'esecuzione delle dilatazioni con le ripetizioni dei versi; le voci all'unisono o per terze procedono omoritmicamente; l'esecuzione vocale predilige i toni acuti, l'emissione è di solito a gola chiusa con timbro nasale. Nell'area teramana, pescarese e chietina i canti sono accompagnati dall'organetto diatonico ddù bbottë, o dalla fisarmonica supportati ritmicamente da grancassa, tamburo, crolla, acciarino, tamburo a frizione detto vurravurrë, battafochë, bërrëconë.
Nell'area aquilana si rileva, nel caso specifico del rituale di Sant'Antonio, una minore conservazione dei canti di tradizione orale; gli organici strumentali ci rimandano alla formazione bandistica: alla fisarmonica si uniscono strumenti a fiato come la tromba, il trombone e il clarinetto.
I canti sono musicalmente costruiti sulla tonalità maggione ad eccezione dell'orazione Il miracolo di Sant'Antonio eseguita in tonalità minore da Maria Salzetta senza accompagnamento strumentale.
Le drammatizzazioni del Sant’Antonio Abate
Diffuse maggiormente nelle province di Pescara e Chieti, si svolgono nelle abitazioni private o in locali più ampi come le sale dei ristoranti. Le rappresentazioni si basano sulla riproposta in dei motivi tematici della Historia Sancti Antoni e quindi de La donna bbonë cristianë con l'aggiunta di alcuni episodi burleschi. Le scene si susseguono attraverso l'alternarsi di parti cantate - voce narrante (coro) e personaggi - e di parti recitate a volte anche improvvisate.
I personaggi in scena sono: Sant'Antonio, Antonio bambino, la madre di Antonio, l'angelo, l'angelo finto, la donzella tentatrice, quattro eremiti, San Michele, i diavoli, le bestie feroci e l'avvocato del diavolo.
I luoghi della ricerca
Le fonti sonore e le testimonianze raccolte in Abruzzo sul rituale del Sant'Antonio provengono per lo più dalle zone collinari e pedemontane poste a ridosso del massiccio del Gran Sasso d'Italia, delle montagne della Maiella e del Morrone. In queste realtà l'economia tradizionale agro-pastorale basata sulla sussistenza ha lasciato spazio alla coltivazione intensiva con la nascita di forme di cooperazione. Nuovi nuclei artigianali, sorti in questi ultimi decenni là dove le linee di comunicazione sono risultate più agevoli, hanno favorito la vivibilità e la conservazione dei piccoli paesi. I luoghi meno fortunati hanno subìto il fenomeno dell'emigrazione o dello spostamento dei residenti verso le valli e la costa.