"L'itinerario religioso, le sue componenti magiche ed emotive, che ricostruisco nel filmato, si accompagnano ad elucubrazioni dotte, ricolme di considerazioni ideologiche con toni a volte populistici. Una cesura netta che in molti punti diventa un vero e proprio conflitto. Se potessi, chiedendo venia ad Annabella Rossi che non è più di questo mondo, sostituirei il commento, adoperando didascalie brevi, sobrie ed essenziali, salvando la parte sonora registrata dal vivo che trovo invece molto efficace: le tarantelle ballate in chiesa, il suono della zampogna, le voci della folla nella processione o durante l'asta. (...) E' il mio ultimo documentario cinematografico e in qualche modo documenta una sorta di epifania finale della tradizione, destinata a cedere il passo alla modernità. Sono stato più volte sul Pollino, dopo il documentario, e ho trovato una situazione completamente mutata. La parte più pregnante del cerimoniale, che a me ripugnava molto, era stata eliminata, forse per il sopraggiungere di ragioni di decoro e convenienza proprie della nostra società. All'epoca invece tutta l'area era letteralmente sommersa di sangue, il sangue che veniva dal sacrificio degli animali, per lo più agnelli e capretti, uccisi e arrostiti sul posto. Una volta vidi anche una testa d'asino penzolante, inquietante e sinistra. Nella devozione alla Madonna del Pollino usanze di chiara derivazione pagana si mescolavano a forme e cerimoniali cristiani, con un alternarsi singolare di preghiere e sangue, invocazioni e sacrifici, stati di esaltazione quasi animaleschi con momenti di intensa meditazione. (...) Nel documentario ho ripreso i ritmi sfrenati delle tarantelle che, specialmente i gruppi calabresi, erano soliti suonare come omaggio alla Madonna secondo un antico rito contadino".
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