01 Il calore di un gesto antico
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Luciano Michetti Ricci presenta la tappa napoletana dell'inchiesta Anche senza parole, un'indagine sui mutamenti della società italiana visti e analizzati attraverso i modi di comunicazione filmati in viaggio lungo il Paese.
"Avevamo deciso di fermarci a Napoli per la parte della nostra ricerca televisiva riguardante i gesti del lavoro e del tempo libero e la scelta ci parve quasi ovvia, cioè d'obbligo. Non sono i napoletani i più ricchi di comunicatività, i più fantasiosi anche nel gestire? E poi Napoli, città che si va industrializzando e che nel contempo conserva drammaticamente i problemi di un secolare sottosviluppo economico, è rappresentativa di contraddizioni e squilibri che sono ancora di tutto il paese sul piano economico-sociale e di riflesso, sul piano del costume e dei comportamenti individuali e sociali: ardite avanzate nel futuro tecnologico e, poco distanti, arretratezze sconvolgenti.
Per tornare più direttamente ai gesti, argomento della trasmissione Anchesenza parole, voglio ricordare che una ricerca contemporanea alla nostra, condotta dall'etnologo Diego Carpitella, confrontando immagini del gesticolare napoletano di oggi con gesti analoghi desunti da stampe del '600, ha portato a concludere che il linguaggio delle mani, dei volti, del corpo è rimasto sostanzialmente lo stesso da secoli nella città partenopea.
E difatti non ci è stato difficile ritrovare quella intensa comunicazione - verbale e non verbale - che ha reso famosa Napoli (anche se di solito si è preferito coglierne i lati più superficiali, più 'pittoreschi'). Siamo partiti da uno dei rioni popolari, siamo entrati nei 'bassi', nel cuore della vecchia Napoli, quei rioni poveri che successivamente sarebbero stati duramente colpiti dal colera. Sono le zone poco o nulla toccate dall'industrializzazione, dove per sopravvivere si è costretti, oggi come ieri, ad arrangiarsi con mille e nessun mestiere. La vita del vicolo appare ancora quella di sempre, con un'intensa comunicazione, un chiamarsi da una finestra all'altra, vociare, gesticolare, ognuno che sa tutto degli altri ed è pronto a dare una mano al vicino più bisognoso di lui: 'Qui è tutta una grande famiglia', ci ripetevano. Ogni gesto è un confermare agli altri la propria disponibilità, la propria intesa.
Ma già un grosso cambiamento lo notammo fra le bancarelle di frutta, verdura e tutto il resto dalle parti di Porta Capuana. Due giovani pescivendoli si sgolavano davanti al loro banco, erano allegri, vitalissimi nel decantare la loro guizzante merce, a noi sembrò che cantassero. Con le braccia e tutto il corpo rappresentavano, da fermi, un coloritissimo balletto. Ma si facevano notare soprattutto perché erano gli unici in tutto il mercato a fare quella rappresentazione. Anche a Napoli - ci dissero - sempre di più succede che si va nei negozi o alle bancarelle di piazza, si chiede quello che si vuole, si paga e via. Tutto con poche parole, senza vera comunicazione fra venditori e clienti. Come nelle grosse città di tutto il mondo. E sempre più rari sono i venditori che si sbracciano per chiamare i clienti.
In una piazza trovammo un ciabattino che lavorava al sole, sul marciapiede. Era lì da quarant'anni. Conosceva tutti e tutti conoscevano lui. Venne un cliente, abbastanza ben vestito, con cappello e cravatta, che aveva da riparare una scarpa. Se la tolse lì, in mezzo alla strada, e mentre aspettava chiacchierava col ciabattino. 'Per me il lavoro è un divertimento', ci disse il calzolaio. 'La giornata, parlando con la gente, passa in un momento'. Ecco uno che riusciva ancora a esprimere se stesso attraverso quegli umili gesti, quel battere dalla mattina alla sera su vecchie suole. Sapeva rendere personale anche quel modesto lavoro, forse perché avvertiva che proprio per mezzo di quello si manteneva in un rapporto umano continuo con gli altri.
Andammo poi a parlare con gli operai che lavorano nei grossi stabilimenti delle zone industriali. Nelle fabbriche e nelle catene di montaggio, si sa, non c'è spazio per gesti che non siano quelli funzionali, atti a produrre il più possibile nel minor tempo. Gesti meccanici che escludono qualsiasi creatività personale. Ebbene, era questo che a noi interessava: che cosa succede nell'incontro fra strutture industriali e una popolazione così profondamente espansiva anche a livello di linguaggi mimici, gestuali? Gli operai che intervistammo analizzarono con grande acutezza la loro condizione. Erario ben coscienti di quale trauma sia portatrice l'industrializzazione in una città dove comunicare con gli altri è, dicevano, una necessità vitale. Gente, i napoletani, che, anche in lotta con la miseria e l'emarginazione, sentono come un grosso patrimonio la propria inventività, il potersi esprimere e realizzare con gli altri. Non è che sentiamo nostalgia o rimpianto per un mondo passato, dicevano quegli operai usciti dai vicoli malsani per andare a vivere nei casermoni di periferie simili a quelle di mille altre città. Il mondo cambia e dobbiamo adeguarci - dicevano - ma è davvero un progresso quello che mentre ci dà un lavoro più sicuro nello stesso tempo ci impoverisce della nostra ricchezza umana?
[...] Lo stesso grave impoverimento nella comunicazione da persona a persona lo trovammo nel tempo libero prodotto dalla società industriale. Allo stadio, durante una partita di calcio, fermammo sulla pellicola atteggiamenti e gesti di spettatori che sembravano ancora ricchi di espressività e di invenzione. Ma a un'analisi più attenta erano comportamenti di migliaia di persone tutte isolate l'una dall'altra, in un rapporto ipnotico con il pallone e con i giocatori. E i ragazzi che trovammo a un flipper stavano ripetendo esattamente i gesti impersonali, meccanici degli addetti a una catena di montaggio. Senza comunicazione con i vicini. Ecco in che modo, da un'angolazione parziale come può essere l'osservare ciò che abbiamo sott'occhio ogni giorno, gesti apparentemente insignificanti, si possono riscoprire i grossi problemi delle lacerazioni prodotte da una società che si trasforma senza tener abbastanza in conto, oltre a costi, profitti e produttività, le ragioni, i diritti umani. E tuttavia la cosa più consolante è stata, nella nostra ricerca, la quasi disperata esigenza, specie da parte dei più giovani, di un recupero della comunicazione, a livello sociale, politico, individuale, in mille forme.Data: ottobre 1973
- Luogo: Napoli
- Provincia: Napoli
- Regione: Campania
- Autore: Luciano Michetti Ricci